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L'incredibile storia dell'uomo che dall'India arrivò in Svezia in bicicletta per amore, di Per J Andersson

  Guardo la terra dall'alto e vengo travolto dalla sensazione che tutto ciò che vedo - le montagne innevate, le steppe riarse, i campi verdeggianti - sia più grande e più vero della mia stessa vita. Visti da quassù i problemi sono insignificanti, mentre le possibilità sono infinite e la vita è immensa quanto la volta del cielo. Le preoccupazioni non sono altro che piccoli puntini su una mappa. I piccoli puntini sulla mappa del mondo di Pikay (abbreviazione di Jagat Ananda Pradyumna Kumar Mahanandia) non sono proprio minuscoli: è indiano negli anni Sessanta/Sessanta, non possiede nulla, ha un incredibile talento per il disegno, ma per lui è difficilissimo studiare perché, in quanto senza casta è un emarginato e gli è proibito sedere in aula con gli altri bambini, che si puliscono se solo lo sfiorano perché è impuro; non può avere amici anche se in realtà attira persone buone e importanti; tenta due volte il suicidio. Quando va via di casa per cercare fortuna a Nuova Delhi conosce
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La costola di Adamo, di Antonio Manzini

  Leggere Rocco Schiavone in Valle d'Aosta è veramente una figata. A questo secondo libro lo amo un po' più di prima. Le trame gialle sono sempre piuttosto fragili, si capisce bene un po' da subito la dinamica dei delitti. Ma è gustosissimo seguire le vicende e il carattere di Rocco, adorabile nella sua rozzezza. (E un po' mi assomiglia anche, omicidi a parte...). Nella sua personalissima scala di valori al sesto grado c’erano i bambini che urlano nei ristoranti, i bambini che urlano nelle piscine, i bambini che urlano nei negozi, in generale i bambini che urlano. Poi le telefonate che offrono impossibili contratti convenienza per luce-acqua-gas-cellulare, la coperta che scappa dal materasso e scopre i piedi in una fredda notte d’inverno e gli apericena. Al settimo grado c’erano i ristoranti lenti nel servizio, gli intenditori di vino e il collega che aveva mangiato aglio la sera prima. All’ottavo gli spettacoli che andassero oltre l’ora e un quarto, fare o ricevere r

Il giocatore: Franck Thilliez (Il sogno - Labirinti)

  Gioca Franck Thilliez . Gioca con la psiche e con l'onirico; gioca con il tempo; gioca con le parole; gioca, banalmente, con il lettore. Alla fine dei suoi romanzi ci sono dei giochetti da fare, per completare l'esperienza: un'esperienza di lettura che va oltre la trama e oltre alla scoperta della soluzione dell'intreccio. Che rimanda sempre a un tempo oltre la narrazione e che ti dice: può succedere anche a te. Occhio, che la mente è fragile; occhio che quello che c'è nel profondo di te stesso non lo sai davvero; il tuo inconscio può giocarti brutti scherzi e farti credere di tutto... Destabilizza Thilliez, perché ti dice: attenzione, non tutto quello che ti fa male è altro da te. Thilliez scrive di donne/vittime che si assomigliano tra loro e di uomini/carnefici pieni di ossessioni, non risolti, violenti in modo caotico; ma attenzione! Le donne non sono fragili, anzi, sono guerriere costruttrici di corazze, all'interne delle quali vengono eretti mondi. La Ab

Belle Greene, di Alexandra Lapierre

  Accogliamo ancora una volta il commento di Antonella Cicalò Un romanzo in chiaro-scuro nel senso anche letterale del termine. È la biografia di Bell Greene da Costa , scritta da Alexandra Lapierre per edizioni e/o. Lapierre asseconda la sua passione per lo scavo in vite di donne tento eccezionali quanto poco conosciute. Ma nella vita di Belle c'è qualcosa in più: l'essere nera nell' America segregazionista . Belle, come altre e altri, è geneticamente nera, ma all'apparenza è bianca a tutti gli effetti. È addirittura figlia di un noto attivista antisegregazionista “di successo”: il primo a laurearsi alla prestigiosa Oxford e a diventare avvocato. Ma non per questo abbandonerà la comunità, anche se si allontanerà totalmente dalla famiglia. Soprattutto non compirà mai il salto dalle sue origini alla società dei bianchi, che invece vedrà Belle pronta, insieme alla madre e ai fratelli, a entrarvi a pieno titolo. Siamo tutti consapevoli del problema razziale mai risolto ne

Pista nera, di Antonio Manzini

  Pochi, pochissimi, sono i giallisti italiani nelle mie corde. Sandrone Dazieri, Giorgio Faletti, Roberto Costantini e ora, posso dirlo con forza, Antonio Manzini . Attratta dal sempre meraviglioso formato dei libri della Sellerio , casa editrice che amo molto, mi sono decisa a provare un autore di cui tutti dicono bellezze. E anche dalla serie, che non ho ancora visto. Prima di guardare voglio leggere. Per cui, Rocco Schiavone , a noi due! Ha vinto lui. Con la sua ruvidezza romana, la sua scorrettezza, la sua placida antipatia che arriva a scudisciate, il suo rozzo e aberrante modo di affezionarsi, l'abuso di potere usato a fini personali... stupendo! Un personaggio scomodissimo, che un po' mi ha ricordato il Bosch di Michael Connelly , ma forse ancora più estremo. Lo amo, insomma.  In più, e non è per me cosa di poco conto, la vicenda si svolge a Champoluc , zona che amo molto e che frequento con gioia. Ritrovare nei libri i propri luoghi del cuore è sempre appassionante. L

La madre che mi manca, di Joyce Carol Oates

  Festa della mamma: 9 maggio 2004. L'ultima volta che Nikki e Clare vedono la madre viva, prima di essere uccisa da un pregiudicato nel garage della sua casa.  Nikki e Clare, orfane di padre, completamente diverse - Clare sposata a un professionista, due figli; Nikki, look punk, una relazione con un uomo sposato e molti sogni nel cassetto - si trovano ad affrontare il lutto. Scritto in prima persona da Nikki, il romanzo indaga le reazioni a un lutto importante da parte di personalità diverse nel corso di un anno, il primo. Lo guarda da tutti i punti di vista, trovando anomalie laddove dovrebbe esserci normalità e più normalità di quanto ci si aspetterebbe da caratteri anomali. Relazioni solide si sbriciolano e altre fragilissime mettono radici... Banale? No, perché la Oates è una maga e rende tutto coerente e sorprendente con una penna affilata e dolce allo stesso tempo. La madre che mi manca è una disamina impietosa dell'animo umano, il ritratto di donne così diverse che

Martha Quest, di Doris Lessing

  Doris Lessing è una maga della penna, si sa. È un'amante dei gatti, motivo per cui la amo particolarmente. Grande intellettuale, Premio Nobel, vasta produzione. Quindi quando vendo a un euro (!) Un matrimonio per bene , lo compro senza neanche leggere la sinossi, senza guardare in che condizioni è... niente. L'ho preso, per poi accorgermi che è il secondo libro di una trilogia, di cui il primo è Martha Quest . Vado al Libraccio , lo compro usato a 4 euro. 5 euro. 5 euro per due libri della Lessing! Gioia et giubilo!  E faccio bene. Martha mi accompagna a scoprire il Sudafrica coloniale , dove indigeni e coloni inglesi portano avanti un'apparente calma convivenza, che però sotto la superficie - neanche tanto in profondità - nasconde strisciante violenza. Tutto mentre Hitler fa finta di non voler conquistare il mondo e l'Inghilterra teme una guerra, pur non credendo che scoppierà.  In questo clima di latente agitazione, Martha non ha nulla di latente. Scalpita, freme,