Quando vengo presentata, il mio nome è troppo spesso FRIEDA HUGHES-FIGLIA-DI-TEDHUGHES-E-SYLVIAPLATH. È una frase lunga da pronunciare ma in qualche modo le persone riescono a tirarla fuori tutta d'un fiato. Nel momento in cui queste informazioni vengono fornite a titolo di presentazione stroncano ogni possibile conversazione. [...] Mi chiesi perché non potesse limitarsi a dire: «Lei è Frieda Hughes». Cosa c'era di sbagliato in questo? Oppure: «Vi presento Frieda Hughes. È una pittrice e una poetessa». Dev’essere veramente frustrante essere identificata sempre come «la figlia di» cotanti genitori, come se la presenza in certi luoghi o anche la propria stessa esistenza sociale dipendesse solo da questo. Del resto, lo ammetto, anche io ho regalato questo libro al mio compagno anche e soprattutto perché lei è la figlia di Sylvia Plath. Forse l’avrei preso lo stesso, ma probabilmente con meno aspettative. Il pensiero è stato: «Come può essere che una donna che ha alle spalle così ...
Anche meno. È la prima cosa che mi è venuta da pensare chiudendo questo quarto romanzo di Valérie Perrin , Tatà . Troppa roba, troppe storie che corrono parallele, troppi ingarbugliamenti che rendono la vicenda non solo poco credibile, ma difficile da seguire, spesso inceppata. C’è la protagonista, Agnès Septembre coniugata e divorziata Dugain, cineasta giovane e famosa, ex moglie del fascinoso attore Pierre Dugain che l’ha lasciata per un’altra, e madre di Ana ; c’è la sua tatà (vezzeggiativo di “zia” in francese) Colette che muore, ma era già morta (!); c’è un ricercato evaso di galera di nome Levgueni Sudkovski , vecchio circense, che vaga pericoloso e che ha collegamenti strani con Agnès; ci sono delle cassette che Colette lascia alla nipote con registrata la storia della sua vita; c’è una donna misteriosa che assomiglia tantissimo a Colette che si chiama Blanche ; c’è il padre di Agnès, Jean , fratello di Colette, pianista di eccezionale talento; c’è Lyèce , ...