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Marina Bellezza, di Silvia Avallone

La libertà non è una cosa positiva, è una cosa che ti fa un male cane. Però alla fine ci devi passare, per forza. Marina Bellezza è «una sorta di Grace Kelly con la malizia di Belen Rodriguez» (simile, ma molto più interessante di Beatrice di Un'amicizia ), che sogna di diventare una stella della televisione grazie alla sua splendida voce e alla sua spregiudicatezza. Andrea Crucino «era un uomo libero, un malgaro che leggeva in latino in un angolo sperduto a nord-ovest, nel cuore nudo e invisibile del mondo». Cos’hanno in comune queste due anime, che si fuggono e si riacchiappano continuamente, in una spirale ossessiva di gioie incontenibili e dolori devastanti? Hanno la Valle Cervo , Andorno Micca, Piedicavallo e le Alpi Biellesi.  Il governo provvisorio stava facendo il possibile per salvare l'Italia, ma da quassù l'Italia era un luogo immaginario a distanza siderale. Hanno le cicatrici di un passato difficile, ognuno a modo suo, a causa delle rispettive famiglie: Marin
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Le figlie del capitano, di Maria Dueñas

A tutti coloro che la vita ha costretto a emigrare. Di suo avevo letto La notte ha cambiato rumore e mi era piaciuto moltissimo. Questo Le figlie del capitano è indubbiamente scritto molto bene, i personaggi sono disegnati benissimo, la storia è potenzialmente affascinante.  La vicenda si svolge negli anni Trenta a New York tra le tortuose strade della zona ispanica, in cui Emilio Arenas apre il locale El Capitan. La moglie, Remedios e le tre figlie, Victoria, Mona e Luz , ragazze splendide e dal carattere volitivo lo raggiungono da Malaga. Ma proprio alla vigilia dell'apertura, Emilio muore per un incidente e inizia l'Odissea delle ragazze, bloccate in America senza soldi, senza amici e senza terra. Riusciranno a tornare in patria o ognuna di loro troverà un motivo per restare in quel grande crocevia di razze e nazionalità, tra amori ed emarginazione, che è la Grande Mela? Maria Dueñas parla soprattutto di come ci si sente a essere immigrati: un'altra lingua, un'

La mischia, di Valentina Maini

  Se vi abituerete a distruggere da soli quello che amate non saranno gli altri a farlo. Siamo tra Bilbao e Parigi nel 2007-08. Iokin e Gorane , gemelli, crescono così, distruggendo quello che hanno di più caro davanti agli occhi orgogliosi dei genitori, terroristi dell'Eta . Combattenti, fanatici, assassini, il grande desiderio dei Moraza è di crescere ragazzi che combattano per i Paesi Baschi, e per la propria libertà («Uccidi tutti i cattivi, libertà»). Un addestramento più che altro. Risultato: Iokin si buca, Gorane è una disadattata sociale, che ambisce a una gabbia di regole e convenzioni e che diventerà un qualcosa che i loro genitori avrebbero ripudiato. Io non sopporto le mescolanze perché ci sono cresciuta, nella mischia, perché nessuno mi ha insegnato come separare il sogno dalla veglia, l'infanzia dall'adolescenza dall'età adulta e dalla vecchiaia, l'essere figlio dall'essere genitore, la giustizia dalla brutalità, la libertà dall'incoscienza,

La salita dei Giganti, di Francesco Casolo

Fabbra di birra, lei di birra conciatrice, prese allora i semi d'orzo, prese d'orzo allor sei semi e di luppol sette cime. Ninkasi (Egitto), Kapo (Finlandia), sono dee della birra, perché la birra è donna. Ne  La salita dei Giganti , Francesco Casolo racconta la storia di Genia Menabrea , figlia di Carlo Menabrea ed Eugenia Squindo , destinata a prendere in mano le redini dell'azienda di famiglia. La storia si svolge in montagna, tra Gressoney e Biella : non la montagna dei pini, dei lupi e delle grandi scalate, ma quella delle fabbriche, dei fornitori di materie prime, delle grandi innovazioni tecnologiche (come la macchina del ghiaccio che cambierà per sempre la stagionalità di produzione della birra; le strade; l'acquedotto...), delle cime come metafora dei successi professionali.  I Giganti sono le grandi montagne italiane: il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Cervino e il Gran Paradiso; ma sono anche i grandi imprenditori, quelli di cui si sente tanto la mancanza

Americanah, di Chimamanda Ngozi Adichie

  Questo libro è per la nostra generazione futura, ndi na-abia n' iru: Toks, Chisom, Amaka, Chinedum, Kamsyonna e Arinze. Per mio padre nel suo ottantesimo anno.ù E, come sempre, per Ivara.  Questi bianchi pensano che tutti abbiano i loro problemi mentali. Il libro è bello, scritto benissimo, interessante, anche se mi è piaciuto di più Metà di un sole giallo , più potente, più "completo". Non capisco l'esergo di Eggers che dice che è «un'epica generazionale divertentissima», perché francamente di divertentissimo ci trovo ben poco. Forse i post che la protagonista Ifemelu scrive in America sul suo blog Razzabuglio, o varie osservazioni sui Neri Americani (un tempo noti come negri) da parte di una Nera Non Americana (da leggere soprattutto quello a pagina 351, Obama è qualcosa di diverso da un nero? ). La trama è semplicissima: Ifemelu e Obinze si amano in Nigeria; Ifemelu si trasferisce in America per studiare e per una serie di ragioni sparisce, lasciando Obin

Lezioni di respiro, di Anne Tyler

  Prima di questo romanzo avevo letto di Anne Tyler La danza dell'orologio  e mi ero chiesta come avesse fatto l'autrice a vincere un premio così prestigioso come il Pulitzer (nel 1988). Ecco come ha fatto! Con un romanzo scritto in modo splendido, seppur semplice, in cui i personaggi risaltano come un bassorilievo scolpito nella morbida materia della nostalgia. La protagonista - anche se è un libro tendenzialmente corale - è Maggie , una donna di quarantotto anni, sposata con Ira , madre di due figli, Jesse e Daisy . È una donna in realtà insopportabile ma anche disarmante, che cerca disperatamente di portare la vita sua e degli altri a recitare il suo copione, senza rendersi conto che i personaggi della sua esistenza non sono disposti a recitare nella sua commedia - o tragedia, in realtà. Jesse sposa Fiona , la fidanzatina diciassettenne che ha messo incinta e della quale si mette in testa di volere disperatamente il figlio. Maggi diventa allora attrice dello spettacolo di

Il fungo alla fine del mondo, di Anna Lowenhaupt Tsing

Ospito Gabriele Lopez, che ha letto questo libro che viene considerato già un classico dell'ecologia... Che cosa fate quando il vostro mondo incomincia a crollare? Io vado a fare una passeggiata e, se ho davvero fortuna, trovo funghi. I funghi mi riportano in me, non soltanto – come i fiori – per i loro colori sgargianti ed i loro profumi, ma perché spuntano in modo del tutto inaspettato, ricordandomi quanta fortuna ho avuto nel trovarmi proprio lì. Allora so che esistono ancora piaceri tra i territori dell’indeterminazione!   Comincia così Il fungo alla fine del mondo , a metà tra un saggio scientifico e un immaginario viaggio tra le rovine del capitalismo. Diventato in pochi anni un classico dell’ecologia, affronta l’argomento della nascita, ricerca e raccolta dei Matsusake, ovvero uno dei funghi più preziosi e ricercati in Asia, Il libro/racconto di Anna Lowenhaunpt Tsing spazia tra varie sfaccettature che abbracciano ecologia, antropologia e storia, ma il punto veramente i