Anche meno. È la prima cosa che mi è venuta da pensare chiudendo questo quarto romanzo di Valérie Perrin, Tatà. Troppa roba, troppe storie che corrono parallele, troppi ingarbugliamenti che rendono la vicenda non solo poco credibile, ma difficile da seguire, spesso inceppata.
C’è la protagonista, Agnès Septembre coniugata e divorziata Dugain, cineasta giovane e famosa, ex moglie del fascinoso attore Pierre Dugain che l’ha lasciata per un’altra, e madre di Ana; c’è la sua tatà (vezzeggiativo di “zia” in francese) Colette che muore, ma era già morta (!); c’è un ricercato evaso di galera di nome Levgueni Sudkovski, vecchio circense, che vaga pericoloso e che ha collegamenti strani con Agnès; ci sono delle cassette che Colette lascia alla nipote con registrata la storia della sua vita; c’è una donna misteriosa che assomiglia tantissimo a Colette che si chiama Blanche; c’è il padre di Agnès, Jean, fratello di Colette, pianista di eccezionale talento; c’è Lyèce, amico d’infanzia di Agnès che è stato violentato da piccolo da un allenatore di nome Charpie (pure!) e le amiche e le sorelle di Lyèce che chiedono vendetta; e poi ci sono mille altre cose, tra cui un’inchiesta sul corpo di Colette, la ricerca di un assassino, donne maltrattate e prigioniere, una sceneggiatura/romanzo, campi di concentramento, sparizioni, adozioni, in un continuo salto temporale... molto molto faticoso... Perché infarcire così tanto un romanzo? Potrebbero essere tre libri distinti e invece diventa un pasticcio lungo 597 pagine in fondo al quale sono arrivata un po’ stremata.
Per carità, la vicenda è interessante, a tratti sembra un romanzo familiare, in altri quasi un thriller, ma veramente troppo, troppo, troppo... Ed è un peccato, perché Perrin scrive bene, anche se è un po’ verbosa per i miei gusti – aggettivi e avverbi si sprecano – e anche se tende a essere molto didascalica, lasciando il compito di descrivere gli stati d’animo e la psicologia dei personaggi alle parole invece che alle azioni. Ma questo è un modo, e ci sta. Ma meno, dai. È tutto un descrivere, un entrare nei dettagli, anche inutili, una ridondanza che invece di arricchire fa perdere il filo rincorrendo cose che potrebbero serenamente ed elegantemente rimanere implicite.
Poi, non fraintendetemi, si fa leggere; è anche appassionante, i personaggi sono chiari e coerenti – anche se a volte le situazioni e le reazioni sono assurde. Ma scorre, non proprio fluido, ma è comunque una lettura piacevole. Niente di più, però. Devo dire che per me il migliore resta Cambiare l’acqua ai fiori.
Una cosa mi è piaciuta, ma è una cosa molto intima. Non so voi, ma io amo andare a cercare i posti, i libri, le canzoni citati nei libri, e qui ci sono dei posti che sono i miei luoghi del cuore, tra cui Abbesses e il café dove vado a fare colazione a Parigi ogni volta che mi ci trovo. E il più è citata una canzone che amo molto: That's All Right (Mama) cantata da Elvis Presley.
Però... un vero peccato.
Tatà, di Valérie Perrin, edizioni e/o, 2024, 597 pagine. Traduzione di Alberto Bracci Testasecca