Quando vengo presentata, il mio nome è troppo spesso FRIEDA HUGHES-FIGLIA-DI-TEDHUGHES-E-SYLVIAPLATH. È una frase lunga da pronunciare ma in qualche modo le persone riescono a tirarla fuori tutta d'un fiato. Nel momento in cui queste informazioni vengono fornite a titolo di presentazione stroncano ogni possibile conversazione. [...] Mi chiesi perché non potesse limitarsi a dire: «Lei è Frieda Hughes». Cosa c'era di sbagliato in questo? Oppure: «Vi presento Frieda Hughes. È una pittrice e una poetessa».
Dev’essere veramente frustrante essere identificata sempre come «la figlia di» cotanti genitori, come se la presenza in certi luoghi o anche la propria stessa esistenza sociale dipendesse solo da questo. Del resto, lo ammetto, anche io ho regalato questo libro al mio compagno anche e soprattutto perché lei è la figlia di Sylvia Plath. Forse l’avrei preso lo stesso, ma probabilmente con meno aspettative. Il pensiero è stato: «Come può essere che una donna che ha alle spalle così tanto dolore possa scrivere un libro sul prendersi cura; come se la cava una donna così minata con un essere minato anch’esso»? Sì, perché George, come dice il sottotitolo è una gazza. Una gazza che lei trova superstite da un nido distrutto dalle intemperie nel giardino della sua casa nel Galles.
È un diario, con tanto di indicazione di mese e giorno, e una scrittura molto semplice e puntuale, che segue i progressi di George e l’affetto di Frieda per lui che crescono in parallelo. Pochissimi altri personaggi, la maggior parte animali, soprattutto i cagnolini che imparano a convivere con il dispettoso George e a prendersi cura di lui a loro volta, a modo loro. L’unico personaggio umano degno di nota è quello che lei chiama l’Ex, l’ex marito appunto, che tornerà in Australia, e che non apprezza per niente la presenza di George, un parassita che aspetta solo che Frieda faccia una mostra per poter esporre anche le sue opere. Un personaggio insopportabile.
Seguiamo quindi la maturazione di una gazza, il suo iniziare a esplorare il mondo e gli altri esseri, le interazioni con gli umani (non sempre gradevoli, anzi, molto spesso difficilissime), il modo che ha di dimostrare affetto, le coccole, i dispetti, i giochi... e il bellissimo rapporto di reciproco scambio uccello/persona. Fino al dolore, «il buco a forma di uccello», che lascia a Frieda con la sua giusta e naturale “partenza”, l’abbandono del nido, appunto. E poi la ricerca di altri uccelli sfortunati da salvare.
La gioia insita in uno scopo di questo genere è che ti fornisce una ragione per ignorare tutto il resto. Non c’è niente che permetta di distogliere la mente dalle preoccupazioni pratiche della nostra esistenza con maggiore efficacia di una creatura vivente che ha bisogno di cure immediate senza le quali morirà, se siamo decisi a cercare di salvarla. E io lo ero.
È un libro molto dolce e, mi scuserà l’autrice, lo è ancora di più se si pensa alla vita di questa donna così potenzialmente “storta”, che trova nel prendersi cura di creature ferite una catarsi che è anche vittoria della bellezza e della serenità. Può anche essere, certo, un modo per non pensare ai propri problemi, alle proprie mancanze, ma non lo facciamo forse tutti? E allora, non è più arricchente, più utile, farlo cercando di alleviare le sofferenza di un altro? Un piccolo gioiello che dovrebbe insegnare quanto la vita è preziosa e può essere meravigliosa qualsiasi cosa ti succeda guardandosi intorno e portando sollievo a chi ne ha bisogno. Fosse anche una dispettosa gazza...
Frieda Hughes si è costruita una vita piena di bellezza e amore in Galles, dove ha una galleria d’arte, e nella sua casa le fanno compagnia 14 gufi, un terrier maltese, due husky, 5 cincillà, un furetto e un pitone reale... L’Ex è tornato in Australia.
La mia vita con George. Ricordo di una gazza, di Frieda Hughes, Elliot, 2023, 280 pagine. Traduzione di Massimo Ferraris