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Il dio dei boschi, di Liz Moore

Il dio dei boschi, di Liz Moore


Se si inizia si finisce. È necessario. E se non si può, il pensiero va sempre lì, ai boschi delle Adirondack, a quell’agosto 1975, l’anno della scomparsa di Barbara Van Laar dal campo estivo di proprietà della sua famiglia, residente alla tenuta che è stata soprannominata Fiducia-in-sé-stessi, dove il padre Peter e la madre Alice ancora piangono la scomparsa del figlio Bear, avvenuta nel 1961.
Un intreccio molto classico: adolescente difficile scomparsa, famiglia ricca e disfunzionale – madre depressa, padre autoritario –, sottoposti legati alla famiglia con segreti condivisi, figli di papà violenti e arroganti, ragazzine disorientate... tutto il corollario di un thriller a forti tinte dall’impianto letto e riletto. Ma... Quel ma sta nella scrittura di Liz Moore che a questo tanto celebrato (a ragione) Il dio dei boschi ha donato un ritmo straordinario, scorrevolezza, suspense e tanta intelligenza. Ogni capitolo ha come protagonista uno dei personaggi, quasi tutte donne, di cui l’autrice racconta in terza persona. Una particolarità che sembra un giochino, ma che invece aiuta moltissimo la lettura, è la presenza sotto il nome del personaggio della lista delle date in cui avvengono i fatti della vicenda con evidenziata la data del capitolo. Molto, molto utile per andare su e giù nel tempo con semplicità. 

L’indagine si srotola tra gli anni e le vicende personali di una pluralità di personaggi, tutti ben definiti, disegnati con attenzione, coerenti. Tra questi alcuni “parlano”, altri no, ma sono tutti fondamentali. Nessuna “caccola”, nessuna divagazione inutile, tutto è funzionale, necessario, preciso in modo chirurgico. La storia è complessa, piena di pieghe, di "tasche nascoste”, di anfratti in cui si nascondono bugie e segreti. Ognuno dei componenti del racconto ha una sua vita propria: Louise, la responsabile delle ragazze, con una mamma alcolizzata, un fratellino adorato e un fidanzato discutibile; John Paul, il fidanzato discutibile, ricco figlio di papà arrogante e spesso brillo; T.J., la capa, omosessuale, schiva, selvatica; Lee, il belloccio un po’ dannato; Tracy, compagna di alloggio e migliore amica di Barbara; Barbara, ovviamente, la scomparsa; e poi la squadra delle ricerche, in particolare Judyta, giovane donna detective, invisa agli altri poliziotti, ma acuta e in gamba. E poi altri personaggi “a contorno” ma, come dicevo, ognuno con un ruolo ben preciso. 

È un viaggio questa indagine, all’interno di boschi oscuri e di anime altrettanto oscure, dolenti, segrete, con un finale sorprendente. Naturalmente non posso dire altro, se non che anche nel più folto degli alberi un raggio di luce riesce sempre a penetrare. È sicuramente uno dei migliori thriller di questo genere che ho letto... e ne ho letti parecchi. Bellissimo. Resterà nella mente per un bel po’.

Tra l’altro è il secondo libro di fila che contiene un riferimento a Walden di Thoreau (anche nel libro di Francesca Sangalli, A Londra non serve l’ombrello che ho appena letto ce n’era uno). È un segno? Al mio compagno è piaciuto molto e ce l’ho qui... chissà che non sia una lettura per questa estate... a questo punto...

Il dio dei boschi, di Liz Moore, NN Editore, 2024, 533 pagine. Traduzione di Ada Arduini.

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