Passa ai contenuti principali

Mai dimenticare, di Michel Bussi


Mi ripeto un po' quando parlo di Bussi, perché non si può premettere a qualsiasi commento la sua discontinuità: a libri capolavoro (Ninfee nere e Quaderno rosso) alterna libri discreti o belli ma "normali" (Un aereo senza di lei, La doppia madre, Usciti di Senna), che ho sempre apprezzato, ma con moderazione. Anche questo Mai dimenticare non raggiunge (neanche lontanamente) la qualità di Ninfee nere e Quaderno rosso, ma si annovera tra quelli più riusciti e più à la Bussi. 

Come sempre l'ambientazione è particolare: Yport, paesino francese caratterizzato dalle ripide scogliere e falesie a picco sulla Manica (nella zona della più famosa Etretat, per intenderci). Il protagonista, Jamal Salaoui, è un atleta amatoriale, con una protesi in carbonio alla gamba sinistra, che alloggia in un albergo di Yport mentre si sta allenando per la più competitiva corsa campestre del mondo, la Ultra-Trail del Monte Bianco. Mentre si sta allenando, in cima a una falesia incontra una donna splendida, mezza nuda, dall'aria disperata con già un piede nel vuoto... da lì partirà tutta la vicenda, tra morti sospette, scambi di persona, personaggi misteriosi, l'amore... 

Con Bussi i commenti sono brevi e poco esplicativi: qualsiasi cosa si dica (qualsiasi!) rischia di essere un catastrofico spoiler, quindi della trama non dirò nient'altro se non che Jamal a un certo punto svela di avere cinque scopi nella vita, cinque come le punte di una stella che porta sempre con sé. Basti sapere che li porterà a termine tutti, in un modo o nell'altro, in un finale che forse è il più bello tra quelli dei romanzi di Bussi. 

Diventare... il primo atleta disabile e partecipare all'Ultra-Trail del Monte Bianco
Fare... l'amore con una donna più bella di me
Avere... un figlio
Essere... pianto da una donna quando sarò morto
Pagare... il mio debito prima di morire

E come sempre in Bussi nulla è quello che sembra, i ribaltamenti di piani sono innumerevoli, i personaggi non sono mai inquadrabili, i misteri si rincorrono fino a un finale da strabuzzare gli occhi. In questo è un mago, e in questo libro, da questo punto di vista, dà (quasi) il meglio di sé. Alcune cose sono, forse, un po' forzate o inverosimili, ma è un romanzo e glielo si perdona (eccome) in nome della spettacolarità. 

Inoltre, a chiosa posso dire che a volte Bussi ha dei finali un po' alla Chuck Norris, con rocambolesche scene da film d'azione hollywoodiana; ecco, in questo caso, invece, non è così e il finale, come dicevo prima, è veramente la chicca di tutto il romanzo.

Per chi ha voglia di una lettura leggera, ma "corposa", di risolvere enigmi, di azzardare ipotesi con la certezza di venire sempre battuto da un autore geniale.

Mai dimenticare, di Michel Bussi, edizioni e/o, 2017 (2014), 452 pagine, traduzione di Alberto Bracci Testasecca

Post popolari in questo blog

Tre, di Valérie Perrin

  Puro intrattenimento, ottimo. Dopo Il quaderno dell'amore perduto (bruttissimo il titolo italiano; suonava così bene in francese: Les Oubliés du dimanche  [I dimenticati della domenica])  e Cambiare l'acqua ai fiori , la Perrin torna a parlare di passato e di come il passato sia inevitabile vettore delle nostre vite, nel bene e nel male; come non possa cancellarsi; come possa essere rifugio e pietra al collo, consolazione e condanna. Banale? Un po', indubbiamente. Ripetitivo? Anche, forse. Ma devo dire che non mi stanca mai. È una di quelle autrici che non consiglio di leggere in modo "seriale"; penso che tra un libro e l'altro sia meglio inserire altre letture per non rischiare di cadere un po' nella reiterazione del meccanismo. Ma se si vuole "staccare il cervello" con letture di evasione, avvincenti e scritte bene, allora la Perrin per me è perfetta.  Con Tre ci porta a La Comelle , un paesino della Borgogna, uno di quelli da cui i ragazzi

La variante di Lüneburg, di Paolo Maurensig

  Ho trovato per caso, tra altri libri, sistemando una casa per affittarla, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig . Incuriosita, non conoscendo l’autore né il titolo mi sono informata, scoprendo che è considerato un capolavoro nel suo genere. Beh, lo confermo. L’ho letto in un giorno, senza riuscire a staccarmene. Non amo etichettare i libri per genere, ma se dovessi farlo per questo, onestamente non saprei dove collocarlo. Inizia come un giallo, con la morte di un uomo d’affari e scacchista, Dieter Frisch , che viene catalogata come suicidio. Ma sul cui corpo viene ritrovata una scacchiera di stoffa, cosa che fa pensare invece più a un’esecuzione. Con un flashback del giorno prima della morte, ritroviamo Frisch in treno impegnato in una partita a scacchi con un collega. A un certo punto nello scompartimento entra un uomo, Hans Mayer , che comincia a raccontare una storia sul suo maestro-mentore-padre adottivo, Tabori , ex detenuto del lager di Berger Belsen che si scoprirà avere

Berta Isla, Javier Marías

Berta Isla è l'esempio perfetto di romanzo che continui a leggere senza riuscire a smettere, anche se in fondo non sai perché; che ti tiene incollata alla lettura, anche se in realtà non c'è una vicenda appassionante da seguire, né un finale misterioso da scoprire, né tantomeno azioni al cardiopalma da non poter interrompere. Berta Isla è un "dietro le quinte", e non a caso uso la metafora teatrale (io che del teatro mi nutro da sempre). È l'omino del cervello dei personaggi di le Carré, di Ludlum, di Follett... è ciò che succede laddove tutto ha inizio e tutto finisce nonostante quello che ci capita: la nostra anima. Siamo abituati a leggere libri di spionaggio al cardiopalma (Ludlum) o che scoperchiano complotti internazionali (le Carré) o che raccontano con eleganza le vicissitudini "quotidiane" dell'agente segreto in missione (l' Ashenden  di Maugham). È un genere che amo molto e di cui ho letto parecchio. Ma mai avevo incontrato un romanzo