Quanto scrive bene Eshkol Nevo, mamma mia. Dopo aver amato Nostalgia torno a perdermi nella sua potenza evocativa in La simmetria dei desideri, un libro adorato in patria e nel mondo, che ha segnato una generazione, quella di Tel Aviv del terrorismo, dei Territori, del quotidiano interrogarsi su se stessi e il mondo che caratterizza parte della popolazione israeliana. La vicenda si svolge tra Tel Aviv è Haifa e vede protagonisti quattro “amici-per-la-pelle”, ognuno alle prese con la sua vita e quella degli altri, che decidono una sera di scrivere su un bigliettino i propri desideri, che devono essere realizzati entro la finale dei Mondiali 2002, quando sicuramente la Nazionale israeliana sarà qualificata a partecipare. Sono Ofir, bello, riccioluto, il suo desiderio è quello di scrivere un libro; Amichai, il primo a mettere su famiglia con Ilana la piagnona e fare figli – due gemelli: Nimrod e Noam –, vuole aprire una clinica di medicina olistica per aiutare la gente a stare meglio; Churchill, l’avvocato carismatico che vuole fare qualcosa di importante che lasci una traccia nel mondo; e Yuval Fried, il narratore, che vuole solo sposare e fare figli con la sua amata Yaara. Ma chissà com’è, chissà come non è, ognuno di loro esaudirà il desiderio dell’altro in una “simmetria dei desideri” di precisione matematica.
Perché la vita percorre la sua strada, tra incidenti e svolte improvvise e non sappiamo mai quale sarà. Ofir si trova sposato a Maria, una danese con una figlia incontrata in India e aprirà una clinica di aiuto e massaggi in casa alla periferia di Tel Aviv; Amichai si troverà fondatore di un’associazione per i diritti medicali in ospedale; Churchill e Yuval avranno Yaara in comune e Yuval alla fine non dovrà fare altro che scrivere un libro... Tutto questo sullo sfondo di un Israele immerso nella seconda Intifada.
... in questo Paese non ti lasciano festeggiare in pace.
[...] Tutto è diventato così rozzo. Così brutale. Voi, qui in questa città, credete di poter sfuggire. Di essere cosmopoliti, credete. Stronzate. Qui è il peggio. Tutti in questa città se la tirano da liberali, ma di fatto tutta la liberalità si traduce nel fumare erba. Manco per sbaglio in una sincera apertura verso il prossimo. In qualche attenzione ai torti che si commettono sotto il vostro naso. [...] Ricordati di quello che ti dico [...] alla fine vi esploderà in faccia. Vi ricadrà addosso dalla direzione più inattesa.
Siamo ai tempi di Sharon, tempi in cui già la vita dei palestinesi nei territori era terribile; ma è mai stato diverso da così? Leggere queste pagine ora, con quello che succede quotidianamente nella Striscia dà una chiara idea di quanto tempo è che questa gente subisce l’impossibile. Nel libro non ci sono che rari riferimenti diretti alla questione – Ilana e Maria sono attive alle frontiere con i territori per aiutare i palestinesi: c’è un personaggio che incarna il loro impegno; il terrorismo sugli autobus viene citato abbastanza spesso per restituire il clima di paura –, ma aleggia la nube dell’ingiustizia e l’afrore degli atti di violenza ingiustificati. Soprattutto nei ricordi del servizio militare – che in Israele in quegli anni e oggi è obbligatorio e triennale – di Yuval si respira lo stato di shock post traumatico cui devono essere sottoposte persone che hanno un minimo di decenza nel proprio essere.
Lei disse che era terribile quello che stava succedendo. Per qualche anno avevamo sentito che si poteva sperare in un cambiamento, ma adesso eravamo tornati prigionieri del solito circolo vizioso. E la cosa più atroce era che a nessuno importava più. [...] Non è che non importi, solo che non si sa come affrontare le cose perciò si preferisce rimuovere.
E lei ha detto: s’infiltra. Noi facciamo finta di niente, ma s’infiltra e poi viene fuori in altre situazioni.
E la critica alla cultura occidentale – con cui spesso gli israeliani non sanno bene come rapportarsi, sono troppo diversi – è costante ed esplicita:
Ecco, proprio questo è il problema con il modo di vivere occidentale [...] Ci poniamo delle mete e ne diventiamo schiavi. Siamo talmente impegnati a raggiungerle che non ci rendiamo conto che nel frattempo sono cambiate.
I personaggi di Nevo sono credibilissimi, ognuno con il proprio bagaglio caratteriale ed esperienziale. Li si invidia per l’amicizia meravigliosa che li lega e contemporaneamente si rimpiangono gli anni, bellissimi, in cui gli amici erano il mondo, la famiglia, il modello di riferimento. Nevo ci dice che quegli anni possono non finire, basta continuare ad amare, discutere, rispettarsi e confrontarsi, nella buona e nella cattiva sorte. Difficilissimo, ma possibile.
Il romanzo è davvero bellissimo, scritto stupendamente, pieno, ricco, con un escamotage narrativo geniale. All’inizio viene dichiarato infatti che è Churchill che sta revisionando il libro che ha scritto Yuval in vista della pubblicazione... È un libro pieno di buoni sentimenti, di amicizia, di rispetto e onestà. Di umanità. Laddove ora di umanità se ne vede ben poca. Ma si sa che ogni bravo scrittore è capace di analizzare la sua epoca, la sua patria, le storture della storia e dare loro un senso all’interno dei propri personaggi. E Nevo lo fa con una grazia e una potenza rare. E bellissime.
La simmetria dei desideri, di Eshkol Nevo, Feltrinelli, 2008, 374 pagine. Traduzione di Ofra Bannet e Raffaella Scardi. Da leggere la postfazione dell’autore: bella.
