Poteva fare a meno di una moglie, di una casa, di bambini;
poteva fare a meno dell'amore, dell'amicizia, della salute;
poteva fare a meno della tranquillità, degli agi, del cibo;
poteva perfino fare a meno di Dio. Ma non poteva fare a meno di una cosa ch'era più grande di lui, di una cosa ch'era tutta la sua vita: la capacità e la gioia di creare.
Che penna magnifica quella di Irving Stone. Famoso per Il tormento e l'estasi, biografia romanzata di Michelangelo, questo autore è secondo me meno noto di quanto si meriterebbe. Ho preso questo libro in un Libraccio di Mantova a 3 euro, una vecchia edizione - pesantissima! - della dall'Oglio del 1967. Una meraviglia! Ma è stato ripubblicato da Corbaccio nel 2013, per cui non ci sono ostacoli alla lettura di questa perla.
I suoi quadri erano intrisi di sole, bruciati dal sole, conciati dal sole e spazzati dal vento.
La biografia romanzata ripercorre tutta la vita di Van Gogh, a partire da prima ancora dalla scoperta della vocazione, quando predicava come pastore a Londra, prima di essere spedito nella regione mineraria del Borinage, dove iniziò a disegnare le misere famiglie di minatori, vivendo come loro e diventando una sorta di "santone" per la popolazione. E poi via via lo seguiamo a Etten - dove ricevette una cocente e irreparabile delusione d'amore -, a L'Aia - dove visse con una prosituta e i suoi figli, assaporando la vita del padre di famiglia -, a Nuenen - dove, tornato in seno alla famiglia, trovò e perse un grande amore, da cui dovette fuggire -, a Parigi - dove visse con il fratello Theo e conobbe le più alte personalità del nascente e inviso Impressionismo -, e infine ad Arles - dove toccò con mano la propria "follia", se ne spaventò e ne morì, per amore e per consunzione morale. Riposa infatti ad Auvers-sur-Oise, di fianco al fratello Theo che lo seguì poco tempo dopo. E il rapporto con Theo è il filo conduttore della narrazione. Il bene che si volevano! Tenendo conto che la narrazione, per ammissione dell'autore, è ispirata quasi in toto dalle lettere tra Theo e Vincent, ne esce un quadro di amore fraterno purissimo, vero, assoluto. Un lago calmo e possente senza increspature. Le pagine di Parigi, infatti, sono le più belle. La felicità di ricongiungersi, l'affetto reciproco straripante dei due fratelli; e poi gli incontri con quelli che erano all'epoca dei reietti, ma che custodivano il genio che oggi tutti amiamo: Toulouse-Lautrec, Seurat, Gauguin - con cui Vincent avrà una relazione burrascosa -, Cézanne, Zola... Una Parigi straordinaria! Una città che amo da impazzire e di cui vorrei condividere una foto che ho fatto nel 2022, l'ultima volta, ahimè, che ci sono stata. Mi sono molto emozionata a leggere queste pagine. Che nostalgia di un'epoca e di una città non vissute!
E poi la sua passione divorante, quel bisogno spasmodico di lavorare, di imprimere le sue visioni su tela; al di là della miseria, della fame, della malattia - e pensare che oggi sarebbe bastata qualche goccia di litio o di antiepilettico (!) - della solitudine... Al di là di tutto, i colori, i pennelli, la bramosia della luce... L'assenza di amore femminile nella sua vita si sente in ogni riga, come in ogni riga si sente il bisogno devastante, doloroso, di lasciare un segno, di far conoscere al mondo la sua opera, di innalzarsi ai livelli dei suoi "miti", con la paura, tremenda, di non farcela mai. E infatti, come sappiamo, così fu. Proprio quando la fama arriva, lui la scansa, la abbandona, la lascia godere ad altri, mentre sceglie la strada dell'oblio di se stesso... Tanto poté il manicomio e la paura della malattia e di pesare su Theo... a tanto arrivò quello che pensava fosse amore. Forse in realtà fu anche egoismo... ma ai posteri la sentenza, con l'indulgenza che si deve a personalità così forti e complesse. Si potrebbe anche dire che dietro un grande uomo c'è un fratello che foraggia, senza giudizio, senza riserve. Alla fine da questo romanzo la figura che ne esce meglio è proprio Theo, sempre pronto ad aiutare Vincent senza chiedere niente in cambio che la felicità del fratello, anche a scapito della sua.
Udiva le suore discutere sui suoi quadri: si domandavano se dipingesse perché era pazzo, o se fosse pazzo perché dipingeva.
Un libro sublime, maestoso, scritto da Dio. Qualcuno mi ha detto che la scrittura di Stone è datata. Vero. Lo è. Per fortuna. Non voglio fare un paragone con la scrittura contemporanea, sarebbe ridicolo, ma questo è esattamente il tipo di materia letteraria che amo. Stone tratteggia gli stati d'animo, la sete d'amore e la brama di dipingere di Van Gogh in modo straordinario, ricco, perfetto, senza paura del numero di battute, senza paura di scadere nell'ampollosità. I personaggi, vivono, i paesaggi risplendono, le descrizioni dei luoghi e delle tele prendono forma davanti agli occhi. Il dolore di Vincent è palpabile, corposo, vischioso, e ti si attacca alla pelle, come la grande luce che emana dalla sua passione. Non con le frasi brevi, piene di punti, e i capitoli risicati di certa letteratura contemporanea, ma frasi costruite con una grammatica "completa", ricca di aggettivi, di avverbi, di punti e virgola... anche di ripetizioni a volte che però sono enfasi e non errore.
Insomma, stupendo. Non so se si è capito che lo consiglio... Una delle letture migliori degli ultimi anni. Voglio chiudere con una frase che racchiude, secondo me, non solo una definizione perfetta di Van Gogh, ma anche l'essenza dei sentimenti di rispetto e stima che Theo provava per il fratello:
Prima di Manet, nessuno ha mai dipinto così. Guarda la tua linea! [...] Guarda quelle facce, quelle figure di contadini, quegli alberi! Impressioni. Impressioni ruvide, imperfette, passate attraverso il filtro della tua personalità. Essere un impressionista significa appunto questo: dipingere come nessun altro, non rendersi schiavo di regole e di canoni. Tu appartieni pienamente alla tua epoca, Vincent, e sei un autentico impressionista, ti piaccia o non ti piaccia!
Brama di vivere. Il romanzo di Van Gogh, di Irving Stone, Corbaccio, 2013 (1949), 592 pagine. Traduzione di Sergio Varini (l'edizione che riporto qui, quella che si trova oggi, ha la stessa traduzione della mia della dall'Oglio).
Per approfondire: Lettere a Theo, di Vincent Van Gogh, a cura di Massimo Cescon, Guanda, 2013 (1954), 400 pagine. Traduzione di Marisa Donvito e Beatrice Casavecchia