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Ally nella tempesta, di Lucinda Riley (ciclo Le Sette Sorelle 2)


 Questo secondo capitolo di Le Sette Sorelle conferma quello che dico spesso: non è sempre necessaria una grande scrittura per rendere un libro un piacevole compagno di vita quotidiana. Questo libro è scritto direi maluccio, tradotto un po' alla carlona, pieno di refusi, errori grammaticali («stomachi» invece di stomaci mi ha fatto un po' tremare le vene ai polsi), verbi non sempre coniugati nel modo migliore, ma... è quel “ma” che spinge a leggerlo come fosse una bevuta. Perché, onestamente, la storia è veramente gustosa. Un po' inverosimile, scritta di lungo, ma molto molto gustosa. 

Comincia come cominciava il primo, anche se con meno descrizioni di Atlantis, del giardino e senza gli spiegoni sulle Sette Sorelle, la pietra armillare eccetera... Ally è in mare, durante una regata con il suo compagno skipper Theo, quando riceve la notizia della morte di Pa' Salt. Di corsa torna ad Atlantis, la lussuosa villa di famiglia vicino a Ginevra, dove trova Marina (Ma'), Maia, Star, Cece, Tiggy ed Electra e dove scopre il lascito del padre adottivo e gli indizi per trovare le sue vere origini: una lettera, delle coordinate geografiche e la piccola scultura di una ranocchia; e, com'era stato per Maia nel primo romanzo, che trovò la sua nuova vita in Brasile, Ally sarà trasportata nella Christiania – l'odierna Oslo – del 1875 e del secolo successivo, sulle orme di Edvard Grieg, Henrik Ibsen, il Peer Gynt e i suoi misteriosi avi con la loro storia tormentata, Anna e Jens. Il dolore la convince a intraprendere la ricerca di se stessa, lontana da casa, sola, ma forse non del tutto, e con la voglia di dare un perché alle sue passioni così forti come la musica e così totalizzanti come la navigazione. Troverà tutto questo e molto di più in una rocambolesca verità.

È un viaggio appassionante quello di Ally, non scontato, che ci sballotta come il suo mare impetuoso tra la Norvegia dei teatri della fine dell'Ottocento e quella di oggi, elegante e luminosa. 

È un divertente feuilleton, a conti fatti, - un po' Liala, un po' Delly - pieno di colpi di scena, di storie avventurose di miseria e di rivalsa, di amori contrastati, di progenie illustri e di dolore, molto dolore, che finisce però con la speranza nel futuro e una nuova vita. 

I personaggi sono semplici, un po' tagliati con l'accetta a dire il vero, e, soprattutto, le reazioni, la psicologia, le prese di decisioni, anche fondamentali, sono molto nette, poco approfondite, repentine a tratti al limite del comico.
«Non lo farò mai più».
«Ma dai, lui sarebbe felice».
«Massì, dai, allora lo faccio».
Cose così, insomma.

Però, alla fine, non si riesce a smettere di leggere perché la trama acchiappa; ci si immerge come in un libro di avventura, ma con la raffinatezza, anche, della ricerca storica. Perché la Riley studiava, come dimostrato dall'abbastanza ricca e interessante bibliografia in fondo e dai gustosi riferimenti a fatti e persone realmente esistiti, da Ibsen e Grieg a un giovane Rudolf Rasmussen...

Insomma, è un romanzo piacevole e leggero, da leggere quando si vuole staccare il cervello, ma contemporaneamente venire a conoscenza di piccole curiosità del passato. In attesa di partire con Star, La Ragazza nell'ombra per la prossima avventura, che ci porterà... non lo so ancora... 

Note a margine: da ascoltare la Canzone di Solvëig dal Peer Gynt musicato da Edvard Grieg.

E poi, un plauso per l'elenco dei personaggi e l'albero genealogico degli Halvorsen all'inizio del libro, utile per orientarsi durante la lettura, essendo i personaggi realmente esistiti.

L'albero genealogico della famiglia Halvorsen

Ally nella tempesta (secondo volume di Le Sette Sorelle), di Lucinda Riley, Giunti, 2016, 672 pagine (ma volano, non preoccupatevi). Traduzione di Lisa Maldera. Interessanti anche le note dell'autrice in chiusura.

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