Che dire? Ci vorrebbe un po' di tempo per sedimentarlo questo romanzo, ma ho paura che se lascio passare del tempo me ne dimenticherei. Quindi, un commento a botta calda. Mi è sembrato di leggere libri diversi man mano che la narrazione proseguiva - in modo, diciamolo, un bel po' lentuccio. È un thriller? In parte. È un drammatico? In un'altra parte. Ma al di là del genere, che poco mi importa, l'ho trovato confuso, nei personaggi, come nelle intenzioni dell'intreccio.
La trama è tutto sommato semplice: Yayoi, bella, pacata, sommessa a tratti, un bel giorno perde le staffe e dopo essere stata colpita dal marito, Kenji, una volta rientrato da una notte di bagordi con altre donne perdendo soldi al baccarat, lo strangola con la cintura. Nel panico, chiede aiuto all'“amica” Masako, che insieme alle altre due “amiche” Yoshie e Kuniko, fa a pezzi il corpo, suddivide le parti in sacchetti e ognuna delle tre ne getta via una parte. Ma la polizia presto li trova e allora... tutto si complica, tra ricatti, minacce, bugie e terrore.
Le quattro donne - capisco poco il termine «casalinghe», visto che sgobbano in uno stabilimento facendo turni notturni - sono molto diverse una dall'altra: Masako è coraggiosa e volitiva; Yayoi dolce e inconsapevolmente graziosa; Yoshie soffre della sindrome della crocerossina, prendendosi cura della suocera cattiva e invalida, di un nipote abbandonato da una figlia e di un'altra figlia strafottente e ribelle, perché la gratifica che gli altri abbiano bisogno di lei; Kuniko vanitosa nonostante la sua bruttezza, spendacciona, sguaiata. Ma sono amiche? A tratti sembra di sì, ma in realtà è più il tempo che passano a insultarsi che quello in cui si trattano in modo carino. Perché? I personaggi sono ambigui, ma non in modo interessante, bensì un po' assurdo. Certo, ci sono sempre di mezzo i soldi. Ma anche qui, tutte smaniano per i soldi, avendone pochi e facendo tutte e quattro vite squallide, ma poi fanno degli assurdi complimenti fra di loro quando ne parlano.
Ci sono moltissime parole spese per alcuni aspetti di trama un po' inutili e invece si perdono di vista personaggi potenzialmente interessanti che puf!, a un certo punto, semplicemente spariscono. Come il nippo-brasiliano Kazuo, o la stessa Yoshie - che ha una storia interessante, ma solo sfiorata -, o Anna, o lo strozzino Jumonji. Che fine fanno? Che ruolo hanno, davvero!, nella storia?
L'altro personaggio fondamentale, che sarà poi la nemesi di Masako, è Satake: un tenutario di bordello, gestore di una casa da gioco, dall'oscuro passato da assassino, incapace di amare, impotente, che a un certo punto diventa il sadico fulcro della storia... Fino a un finale in cui il genere diventa decisamente un thriller a forti tinte, macabro, efferato, quasi splatter. Perché?
Ecco, perché? Questa la domanda che mi porto dietro da questo romanzo, che ho letto a tratti anche con gusto, ma che va a parare in un semplicistico finale un po' grottesco.
L'aspetto che invece mi è piaciuto è quello “di costume”. Si capiscono molte cose del Giappone, del suo sistema legale, fiscale, economico, sociale soprattutto. E anche del modo di pensare, così lontano da noi, così diverso dal nostro. Forse sta qui il motivo per cui mi è sembrato un po' tutto assurdo: la differenza culturale. Se l'avesse scritto un “occidentale”, l'avrei trovato proprio brutto. Ma così, userò il termine «bizzarro».
Le quattro casalinghe di Tokyo, di Natsuo Kirino, Neri Pozza “Beat Bestseller”, 2021 (1997), 652 pagine. Traduzione di Lydia Origlia