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Martha Quest, di Doris Lessing

 


Doris Lessing è una maga della penna, si sa. È un'amante dei gatti, motivo per cui la amo particolarmente. Grande intellettuale, Premio Nobel, vasta produzione. Quindi quando vendo a un euro (!) Un matrimonio per bene, lo compro senza neanche leggere la sinossi, senza guardare in che condizioni è... niente. L'ho preso, per poi accorgermi che è il secondo libro di una trilogia, di cui il primo è Martha Quest. Vado al Libraccio, lo compro usato a 4 euro. 5 euro. 5 euro per due libri della Lessing! Gioia et giubilo! 

E faccio bene. Martha mi accompagna a scoprire il Sudafrica coloniale, dove indigeni e coloni inglesi portano avanti un'apparente calma convivenza, che però sotto la superficie - neanche tanto in profondità - nasconde strisciante violenza. Tutto mentre Hitler fa finta di non voler conquistare il mondo e l'Inghilterra teme una guerra, pur non credendo che scoppierà. 

In questo clima di latente agitazione, Martha non ha nulla di latente. Scalpita, freme, vuole lasciare la fattoria paterna che ormai le sta stretta e lanciarsi nel frenetico mondo della città, laurearsi, lavorare, divertirsi, emanciparsi come la sua amica Marnie, considerata volgare, ma da lei vista come libera e forte.

Non era soltanto infelice, era anche capace di contemplare spassionatamente la propria infelicità.

L'amico ebreo Joss le trova un posto come impiegata in città, Martha prende la palla al balzo, lascia la casa paterna senza guardarsi indietro - naturalmente contro il volere dei genitori che vorrebbero si accasasse - e inizia a vivere la vita desiderata. Ma Martha ha un grosso problema: è colta. Legge molto, moltissimo e impara. Impara la politica, impara quello in cui crede e quello che disprezza. Impara a rispettare l'Altro, e a pretendere il rispetto dagli altri. Impara che tutti dovrebbero essere uguali e che lei non è superiore perché è inglese e bianca. Impara le parole che vuole bandire dal suo vocabolario, come dago - termine dispregiativo con cui si vengono chiamati gli stranieri, soprattutto spagnoli, portoghesi e italiani - o negro. Impara che si è sempre stranieri di qualcuno e quindi disprezzati. Lei e i suoi per la famiglia sudafricana Van Rensberg sono rooinek (lett. «collo rosso») - termine dispregiativo con cui vengono chiamati gli inglesi. 

Pensava: è tutto così spaventoso, e non solo perché esiste, ma perché esiste adesso. Pensava [...] che tutto questo era stato descritto da Dickens, da Tolstoj, da Hugo, da Dostoevskij e da decine d'altri autori. E tutta quella nobile, terribile indignazione a nulla era servita, non aveva ottenuto nessun risultato; e il grido d'ira lanciato nel XIX secolo avrebbe anche potuto non esserci: ecco lì la fila dei prigionieri ammanettati a due a due, e sui loro volti v'era la stessa eterna espressione di paziente, sardonica rassegnazione.

Ma impara anche a fumare, bere, passare le notti in bianco a casa di questo e di quello, a vestirsi in modo provocante. Impara ad avere nostalgia del veld - la prateria rada sudafricana - e in parte di suo padre. Impara a disprezzare (molto) e ad amare (poco e male). Ciò che non impara è, alla fine, quello che più sperava di imparare: l'emancipazione. Perché al di là del vivere da sola e di comportarsi come un'adulta responsabile e indipendente, in fondo vive in reazione e dipende sempre dagli altri per i sentimenti, passando da una gabbia sociale a una gabbia intima, che si costruisce da sola intorno. Frequenta gli ambienti che pensa debba frequentare e si tiene lontana da quelli che le dicono non essere adatti a lei, per poi girarsi di trecentosessanta gradi e comunicare e frequentarli quando qualcuno le dice di farlo. 

Sembra non avere volontà propria e vive di rimbalzo con le palle che lanciano gli altri. Si mette "a metà" con il figlio di un'amica della madre che le fa da cicerone nella vita notturna e scapestrata della città, Donovan: per naturale continuità del rapporto finiranno insieme, ma in realtà Martha viene trascinata in questo rapporto, che in realtà non è mai nato veramente. Poi comincia a frequentare un piccolo musicista ebreo, Adolph, solo perché pensa che il suo giro di conoscenze non avrebbe approvato. Lo stesso giro che la allontana poi da lui, mentre Martha lascia fare. Fino al fidanzamento ufficiale con un ragazzo tra le cui braccia balla a una festa. Douglas farà di lei ciò che vorrà, fino a convincerla a convolare a nozze, la stessa sera in cui lei si era fermamente opposta al matrimonio. 

Non certo una figura di donna che prende in mano il proprio destino quella di Martha (ricordo che il libro è stato scritto negli anni Cinquanta). Tanto intelligente e colta quanto in balia degli eventi, delle persone; sempre in cerca di una ribellione che poi è ribellione contro gli obiettivi sbagliati; boomerang che le si rivoltano contro continuamente in una costante lotta per trovare il proprio posto nel mondo. Un mondo sull'orlo del baratro e che presto non ci sarà più. 

Un libro splendido, ricco di descrizioni di luoghi e stati d'animo; una penna decisa ma morbida, figure di uomini e donne sfaccettate, ricche di sfumature e di vissuto. Un viaggio attraverso la vita di una ragazza nel difficile e contraddittorio territorio africano in anni di confusione, razzismo e prevaricazione.

Mi ha ricordato moltissimo Il grande Gatsby di Fitzgerald per le descrizioni delle serate e delle personalità che si agitano nei salotti, vestite in modi stravaganti e alla moda. Ma anche la serie (straordinaria) Babylon Berlin, ambientata a Berlino negli anni Trenta, tra spy stories e nottate sfrenate nei Kabaret.

I tre libri - in ordine: Martha Quest, Un matrimonio per bene ed Echi della tempesta, - sono tutti editi da Feltrinelli (e si trovano anche usati facilmente).

Martha Quest, di Doris Lessing, Universale Economica Feltrinelli, 1994 (1952), 293 pagine. Traduzione di Francesco Saba Sarci





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