Passa ai contenuti principali

La salita dei Giganti, di Francesco Casolo


Fabbra di birra, lei di birra conciatrice,
prese allora i semi d'orzo,
prese d'orzo allor sei semi
e di luppol sette cime.
Ninkasi (Egitto), Kapo (Finlandia), sono dee della birra, perché la birra è donna.

Ne La salita dei Giganti, Francesco Casolo racconta la storia di Genia Menabrea, figlia di Carlo Menabrea ed Eugenia Squindo, destinata a prendere in mano le redini dell'azienda di famiglia.

La storia si svolge in montagna, tra Gressoney e Biella: non la montagna dei pini, dei lupi e delle grandi scalate, ma quella delle fabbriche, dei fornitori di materie prime, delle grandi innovazioni tecnologiche (come la macchina del ghiaccio che cambierà per sempre la stagionalità di produzione della birra; le strade; l'acquedotto...), delle cime come metafora dei successi professionali. 
I Giganti sono le grandi montagne italiane: il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Cervino e il Gran Paradiso; ma sono anche i grandi imprenditori, quelli di cui si sente tanto la mancanza al giorno d'oggi, quelli che hanno fondato la Menabrea per un “colpo di testa” da parte del vecchio Menabrea, stufo della sua attività nel settore commerciale della lana; “antiche” aziende che crescono e prosperano attraverso le generazioni, intersecando la propria vita con la grande Storia del mondo. La salita è quella che Genia affronta con il padre che la “inizia” ai segreti della birra ed è quella di Genia con i figli, una salita di rinascita e di passaggio di testimone.

Genia affronta la vita con un grande dolore e una grande forza; il padre glielo diceva sempre: «Non avere paura, Genia!». Aggrappata disperatamente al lato razionale della vita, conoscerà il grande amore e le grandi sofferenze, tra nascite e lutti, conscia, sempre, di essere la figlia destinata a portare avanti la fabbrica:
Se all'esterno c'erano mille domande, lì dentro c'erano due certezze: l'orzo e il luppolo, con quelli si faceva la birra.
Francesco Casolo è bravissimo. Scrive un libro leggero e piacevolissimo che riesce a parlare anche di grandi dolori con eleganza, gusto e senza mai pigiare sul pedale dell'acceleratore del pietismo. Racconta una montagna "diversa", lontana dagli stereotipi, senza cliché. Parla di donne da uomo, senza mai giudicare, senza mai esagerare. Parla di persone visionarie, coraggiose, che hanno vissuto in periodi di grandi stravolgimenti sapendo coglierne le opportunità e le innovazioni. Non è un caso se la Menabrea esiste e prospera a tutt'oggi.
Intervallate alla narrazione, le trascrizioni delle lettere originali dei membri della famiglia Menabrea rifiniscono il tutto: sono interessanti, curiose e rendono ancora più fedele la vicenda.

Bello, interessante, profondo: una lettura veramente piacevolissima, che insegna anche un sacco di cose sulla birra e sulla sua produzione. Chiudo con l'esergo alla terza parte, perché l'ho trovata una storia molto curiosa:
«Si racconta che gli incaricati del re, quando andavano a verificare che il birraio producesse la birra secondo la nuova legge, versavano su di una panca un campione di birra appena prodotta e poi facevano sedere il produttore proprio su quella panca. Passata un'ora circa, il birrario poteva alzarsi e se ciò avveniva con facilità, significava che andava tutto bene, mentre invece se non riusciva ad alzarsi agilmente e tendeva a restare incollato alla panca, voleva dire che aveva utilizzato dei prodotti non idonei, quali appunto la resina. In tal caso, per punizione, egli veniva immerso in un tino di birra e lasciato lì al freddo per un paio d'ore a meditare sui suoi sbagli. Si tenga presente che all'epoca la birra veniva prodotta principalmente in inverno». (Chiara Callegari, La storia della birra dalle origini ai giorni nostri, tesi di laurea 2011-12)

La salita dei Giganti, di Francesco Casolo, Feltrinelli, 2022, 406 pagine. In questo caso è particolarmente la Nota dell'autore in postfazione, dove Casolo spiega il perché e il come del libro e la metodologia di reperimento delle fonti.

Post popolari in questo blog

L'ottava vita (per Brilka), di Nino Haratischwili

 Mi ero ripromessa di lasciar passare un po' di tempo prima di leggere altre saghe familiari, avendo ampiamente dato nel 2021 ( il ciclo dei Leoni di Sicilia , Prima di noi , la saga dei Clifton , La casa sull'argine , Gente del Sud ...); ma poi, in biblioteca, mi sono ritrovata tra le mani questo tomo notevole di più di mille pagine, e mi sono incuriosita. In più, Nino Haratischwili nasce drammaturga e regista e la mia "deformazione teatrale" ha preso il sopravvento. Ringrazio la mia capacità innata di non tenere fede ai miei propositi! Altrimenti non avrei letto quello che penso sia un capolavoro, un libro che va oltre la famiglia, oltre la Storia, oltre il tempo e lo spazio, compenetrandoli con la scrittura. Stasia (che parla con i fantasmi), Christine , Kitty , Elene , Daria , Niza (la narratrice) e Brilka (la destinataria di questa storia e dell'ottava vita); ma anche Mariam, Sopio, Ida, Alla, Lana, Nara, Fred, Amy... sono le donne le protagoniste di ques

Tre, di Valérie Perrin

  Puro intrattenimento, ottimo. Dopo Il quaderno dell'amore perduto (bruttissimo il titolo italiano; suonava così bene in francese: Les Oubliés du dimanche  [I dimenticati della domenica])  e Cambiare l'acqua ai fiori , la Perrin torna a parlare di passato e di come il passato sia inevitabile vettore delle nostre vite, nel bene e nel male; come non possa cancellarsi; come possa essere rifugio e pietra al collo, consolazione e condanna. Banale? Un po', indubbiamente. Ripetitivo? Anche, forse. Ma devo dire che non mi stanca mai. È una di quelle autrici che non consiglio di leggere in modo "seriale"; penso che tra un libro e l'altro sia meglio inserire altre letture per non rischiare di cadere un po' nella reiterazione del meccanismo. Ma se si vuole "staccare il cervello" con letture di evasione, avvincenti e scritte bene, allora la Perrin per me è perfetta.  Con Tre ci porta a La Comelle , un paesino della Borgogna, uno di quelli da cui i ragazzi

La variante di Lüneburg, di Paolo Maurensig

  Ho trovato per caso, tra altri libri, sistemando una casa per affittarla, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig . Incuriosita, non conoscendo l’autore né il titolo mi sono informata, scoprendo che è considerato un capolavoro nel suo genere. Beh, lo confermo. L’ho letto in un giorno, senza riuscire a staccarmene. Non amo etichettare i libri per genere, ma se dovessi farlo per questo, onestamente non saprei dove collocarlo. Inizia come un giallo, con la morte di un uomo d’affari e scacchista, Dieter Frisch , che viene catalogata come suicidio. Ma sul cui corpo viene ritrovata una scacchiera di stoffa, cosa che fa pensare invece più a un’esecuzione. Con un flashback del giorno prima della morte, ritroviamo Frisch in treno impegnato in una partita a scacchi con un collega. A un certo punto nello scompartimento entra un uomo, Hans Mayer , che comincia a raccontare una storia sul suo maestro-mentore-padre adottivo, Tabori , ex detenuto del lager di Berger Belsen che si scoprirà avere