Passa ai contenuti principali

Fiore di roccia, di Ilaria Tuti


 Non conosco le rose. C'è invece un'espressione più felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo “fiore di roccia”. 

Prima Guerra Mondiale, Carnia: Agata è una Portatrice, una donna che – sfidando i passi delle dure montagne friulane – portava cibo, medicine e munizioni sulle spalle, in grosse gerle utilizzate in origine per trasportare i neonati, o i corredi delle spose, ai militari dei contingenti alpini che combattevano contro gli austriaci. È un fiore di roccia. 

A volte penso anch'io di essere una gerla: scortecciata dalla vita fino a che è rimasto solo il necessario, incisa da perdite, spellata dal bisogno.

Ha un padre moribondo, Agata, e amiche-sorelle con cui condivide la dura vita della montagna in tempo di guerra: Caterina, la vedova; Maria, la devota; Lucia, la madre-martire per cui ogni vita è più importante della sua; e Viola, la ribelle, la rabbiosa, la vendicativa... E ha un uomo, valoroso, eroico, coraggioso, morale, il capitano Colman, che impara ad amare al fronte, tra la morte, un amore che anch'esso un fiore di roccia. E un caro amico, medico, che rispetta e a cui insegnerà il valore dell'onore, il dottor Janes. E poi la sua vittima, il soldato austriaco Ismar, che cercherà di uccidere e poi salvare e poi di nuovo uccidere e poi amare, il suo protettore, la sua nemesi.

Il libro – scritto in prima persona da Agata – è di una bellezza struggente, scritto con gusto, eleganza e ricerca della forma senza mai cadere nel melenso o nell'artificioso. Due sentimenti ne emergono, potenti: la paura e la rabbia, ancora più del dolore, ancora più della sofferenza fisica. Le scene in cui Agata è con Colman, alla fine, nell'accampamento abbarbicato alla roccia sono splendide; trasudano umanità, senso del dovere e di abnegazione, ma anche passione e coraggio. Agata è un personaggio indimenticabile, fortissimo. Un'immagine di donna veramente potente, al di là delle questioni di genere su cui tanto si discute ai nostri giorni. Donne forti che erano forti per bisogno, per proteggere la propria terra e fare andare avanti il mondo quotidiano tra figli e padri, tra campi inariditi e fame. Donne temprate dal dolore e dalla miseria in un periodo in cui facevano più fatica degli uomini a vivere e a sognare, con poco futuro e pochissima speranza, che scelgono di agire per combattere la loro nemica più acerrima: l'attesa. 

Mi chiedo se accadrà mai, se il destino mi concederà il tempo per essere qualcosa, qualcuno di diverso da tutto questo. [...] Ci sarà mai qualcosa per cui non dovrò lottare?

Donne che andavano incontro al pericolo facendo fatiche immani, nella neve, senza cibo, spinte solo dalla necessità di far stare bene i propri uomini e quelli degli altri, come se proteggendo ogni ragazzo si proteggesse anche il proprio figlio, marito, amante... E speranzose che altre donne, oltre il confine, le cosiddette “nemiche” facessero lo stesso, in una comunione femminile di intenti universali. Questo il sentimento che spinge Agata a salvare Ismar, a prendersi cura di un uomo ferito, chiunque esso sia. 

«... Siete donne dalla forza insospettabile».
«La forza pare essere la nostra condanna».

Per tutta la lettura mi è rimasta in testa La guerra di Piero di Fabrizio De André.

Un romanzo storico di grande valore, sia per il modo in cui è scritto, notevole, sia perché ha l'enorme merito di raccontare una storia poco conosciuta, ma che ha avuto grande impatto sulle vicende belliche. La storia è realmente esistita e i personaggi e i luoghi sono storici, anche se modificati per esigenze narrative, come racconta l'autrice nella nota in fondo, che va letta perché davvero interessante. 

Note a margine: Quando si parla di femminismo bisognerebbe fare quello che ha fatto Ilaria Tuti, con altri linguaggi forse, ma di fondo penso sia così che vanno celebrate le donne: con il riconoscimento dell'enorme ruolo svolto nei giri di boa della Storia del mondo. Lì, in quel valore e in quei sacrifici, sta la potenza del genere femminile. Lì stanno le grandi donne dietro ai grandi uomini. Il dimenticare questi ruoli è a mio parere la grande ferita inferta dal patriarcato. Il non dare valore al passato è il primo passo per lo svilimento del presente. Oltre alla bellezza narrativa, penso sia questo il grande risultato di Fiore di roccia, il far conoscere, il celebrare, il dire grazie a donne che hanno contribuito a una pagina fondamentale della nostra Storia. Quindi, da donna, grazie! Grazie a Ilaria Tuti e grazie all'editore Longanesi che ha creduto in lei e ha fortemente voluto questo libro, come racconta sempre l'autrice in questa preziosa nota. 

Fiore di roccia, di Ilaria Tuti, Longanesi, 2020, 309 pagine. Da leggere assolutamente la nota e la bibliografia in fondo. 

 

Post popolari in questo blog

L'ottava vita (per Brilka), di Nino Haratischwili

 Mi ero ripromessa di lasciar passare un po' di tempo prima di leggere altre saghe familiari, avendo ampiamente dato nel 2021 ( il ciclo dei Leoni di Sicilia , Prima di noi , la saga dei Clifton , La casa sull'argine , Gente del Sud ...); ma poi, in biblioteca, mi sono ritrovata tra le mani questo tomo notevole di più di mille pagine, e mi sono incuriosita. In più, Nino Haratischwili nasce drammaturga e regista e la mia "deformazione teatrale" ha preso il sopravvento. Ringrazio la mia capacità innata di non tenere fede ai miei propositi! Altrimenti non avrei letto quello che penso sia un capolavoro, un libro che va oltre la famiglia, oltre la Storia, oltre il tempo e lo spazio, compenetrandoli con la scrittura. Stasia (che parla con i fantasmi), Christine , Kitty , Elene , Daria , Niza (la narratrice) e Brilka (la destinataria di questa storia e dell'ottava vita); ma anche Mariam, Sopio, Ida, Alla, Lana, Nara, Fred, Amy... sono le donne le protagoniste di ques

Tre, di Valérie Perrin

  Puro intrattenimento, ottimo. Dopo Il quaderno dell'amore perduto (bruttissimo il titolo italiano; suonava così bene in francese: Les Oubliés du dimanche  [I dimenticati della domenica])  e Cambiare l'acqua ai fiori , la Perrin torna a parlare di passato e di come il passato sia inevitabile vettore delle nostre vite, nel bene e nel male; come non possa cancellarsi; come possa essere rifugio e pietra al collo, consolazione e condanna. Banale? Un po', indubbiamente. Ripetitivo? Anche, forse. Ma devo dire che non mi stanca mai. È una di quelle autrici che non consiglio di leggere in modo "seriale"; penso che tra un libro e l'altro sia meglio inserire altre letture per non rischiare di cadere un po' nella reiterazione del meccanismo. Ma se si vuole "staccare il cervello" con letture di evasione, avvincenti e scritte bene, allora la Perrin per me è perfetta.  Con Tre ci porta a La Comelle , un paesino della Borgogna, uno di quelli da cui i ragazzi

La variante di Lüneburg, di Paolo Maurensig

  Ho trovato per caso, tra altri libri, sistemando una casa per affittarla, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig . Incuriosita, non conoscendo l’autore né il titolo mi sono informata, scoprendo che è considerato un capolavoro nel suo genere. Beh, lo confermo. L’ho letto in un giorno, senza riuscire a staccarmene. Non amo etichettare i libri per genere, ma se dovessi farlo per questo, onestamente non saprei dove collocarlo. Inizia come un giallo, con la morte di un uomo d’affari e scacchista, Dieter Frisch , che viene catalogata come suicidio. Ma sul cui corpo viene ritrovata una scacchiera di stoffa, cosa che fa pensare invece più a un’esecuzione. Con un flashback del giorno prima della morte, ritroviamo Frisch in treno impegnato in una partita a scacchi con un collega. A un certo punto nello scompartimento entra un uomo, Hans Mayer , che comincia a raccontare una storia sul suo maestro-mentore-padre adottivo, Tabori , ex detenuto del lager di Berger Belsen che si scoprirà avere