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Acciaio, di Silvia Avallone


Le cose migliori risplendono di paura. Don DeLillo
Piombino è sulla bocca di tutti in questi giorni per via del rigassificatore. Il fronte del “No”, contro il fronte del “Sì”, contro il fronte del “Sì ma”... niente di nuovo sul fronte dell'Italia occidentale, insomma. Ma leggere oggi Acciaio, il libro che ha reso famosa Silvia Avallone con la nomina a finalista del Premio Strega 2010, è quantomai interessante. Perché al di là delle storie personali dei protagonisti, il romanzo punta un faro di terribile luce accecante sulle vicende delle Acciaierie Lucchini di Piombino (prima Ilva, Stet, Deltasider), le stesse che furono a loro volta protagoniste di svariate vicende in anni più vicini a noi.

Perché all'amicizia straordinaria ma malsana tra Anna e Francesca; alla relazione di Anna con Mattia, amico del fratello di Anna, Alessio; alle storie familiari violente e delinquenziali di Rosa – mamma di Francesca – e Sandra – mamma di Anna – sempre in guerra con i mariti; alle serate tra struscio e discoteche improvvisate in cui giovani senza più interessi si barcamenano tra droga e sesso facile in cerca di ore di cosiddetta spensieratezza; a tutto questo fa da sfondo il quartiere Stalingrado di Piombino, che non esiste nella realtà, non serve cercarlo, ma che è ricalcato sul Cotone, quartiere operaio abitato da difficoltà e anche delinquenza, che diventa simbolo di ogni periferia degradata d'Italia. Su tutto si ergono le acciaierie che danno lavoro e tolgono la salute, fisica e mentale, degli operai che hanno lì la loro vita, per destino scritto. Non cercano altro, se non un salario che sia abbastanza per sfamare la famiglia. E chi cerca altro, di solito, trova la galera. E poi l'Elba, l'isola del turismo dei ricchi, a portata di mano, ma il corpo è troppo appesantito dalla polvere e dalla fatica per raggiungerla. E sì che Ilva è il nome dell'Elba quando era abitata dai liguri (ilvates) (molto interessante la storia dell'isola): bizzarri scherzi del destino. 

Ma Acciaio è prima di tutto una storia di amicizia e di amore, tra adolescenti e vecchie coppie che tirano avanti tra pugni, alcool e violenza. I padri sono violenti o assenti, le madri incapaci di reagire. Gli amici, quelli di pelle, quelli per sempre, con cui ci si prende a pugni ma che si amano, ne combinano di ogni, tocca sempre tirarli fuori dai casini, ma ci sono sempre. Quella che non c'è è la speranza di un futuro migliore. Perché il disagio risucchia, sporca, rende pesanti e pigri, e allora meglio la droga e quattro salti al Gilda che provare a nuotare fino alle rive dell'Elba. Meglio rischiare di morire in fabbrica che in cerca di una vita migliore, che la fabbrica almeno sfama. 

Ed è la fabbrica la protagonista del romanzo, perché su tutto domina, tutto decide. Come una Moira fumante, tiene in mano le forbici di acciaio che possono recidere il filo della vita di ogni singolo operaio e quella della sua famiglia. Sarà per malattia? Per fame? Per un incidente? Per semplice inerzia che conduce al precipizio. Su tutto polvere. 

Forse la bellezza di Francesca e Anna le salverà; forse un uomo con una vita diversa se le porterà via. Ma Francesca gli uomini non li vuole, li usa e basta e si lascia usare e la sua bellezza non è che un'arma che si rivolta contro il suo ventre. Lei vuole Anna, che la ama, ma non sa che fare, come farlo; che degli uomini conosce la violenza, ma anche la dolcezza. Ma il bisogno di respirare vince su tutto e si rimane insieme, come si può, perché separate è un inferno. Anche insieme è un inferno, ma insieme, mano nella mano, si può ancora sognare di andare all'Elba. In fondo basta prendere un traghetto per lasciarsi dietro il dolore...

Il romanzo fila benissimo, l'andatura narrativa è semplice, ma a tratti la Avallone compone un montaggio alternato che rende benissimo l'idea della contemporaneità degli avvenimenti, e che ci fa correre verso l'evento principale con un ottimo ritmo. I personaggi sono disegnati benissimo, molto coerenti, umani nelle proprie contraddizioni. Un libro all'altezza della sua notorietà. Un'ottima lettura.

Non so perché mi risuona in testa Anna e Marco, di Lucio Dalla...

Suggestione visiva: Martin Parr, New Brighton, Merseyside, da The last resort, 1983-86. 


 

Acciaio, di Silvia Avallone, Rizzoli, 2010, 360 pagine. 

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