Mi aspettavo molto di più. Lo dico subito, così mi tolgo il peso. Avendo amato la trilogia di Hunger Games, speravo che questo prequel, la storia di Coriolanus Snow, presidente di Panem, mi aprisse una finestra sul personaggio più interessante della saga. Forse perché nei film - che amo moltissimo - Donald Sutherland lo incarna in modo straordinario, il presidente Snow è l'immagine stessa del Potere un po' deviato, ma tanto, tanto affascinante. Quel suo circondarsi di rose per coprire il lezzo del veleno, la sua untuosa ma calamitante immagine pubblica, l'uso della comunicazione come arma di rincoglionimento di massa, i modi melliflui e accattivanti che lo rendono quasi bonario nonostante la quantità di omicidi perpetuata sulla scala verso "il trono"... tutto questo deve avere un'origine, un'origine potente e questo Ballata dell'usignolo e del serpente dovrebbe essere un romanzo che tiene incollati, su una figura psicologicamente complessa e con un'ambizione tremendamente forte e sinistramente attraente. Questo mi aspettavo.
E invece ho trovato un libro tendenzialmente noioso, che usa moltissime parole per delineare la figura di un ragazzo tutto sommato normale, orfano, che cresce con l'ambizione di diventare presidente, va bene, ma che in realtà è in balia degli eventi. Diventato mentore alla decima edizione degli Hunger Games, si ritrova ad avere come tributo una ragazza strana e affascinante, Lucy Gray, di cui si innamora e che porta alla vittoria con vari mezzi illegali. Scoperto, viene costretto ad arruolarsi come Pacificatore del Distretto 12 (lieve collegamento con la trilogia), ma questa "mossa" si scopre essere un diversivo sulla strada della sua vera carriera, voluta dalla Stratega dei Giochi, la dottoressa Gaul, l'unica figura interessante del romanzo, colei che insegna a Snow il significato dei Giochi e la loro utilità. Un po' debole, in effetti, un po' trito e ritrito come concetto, e molto banale come metafora; ma ci sta, in fondo si parla di questo.
Cos'è successo nell'arena? Quella che hai conosciuto era umanità spogliata di ogni ornamento. I tributi. E anche tu. (...) Tutte le tue buone maniere, l'educazione, il contesto familiare, tutto quello di cui vai fiero, tutto strappato di dosso in un batter d'occhio fino a rivelare ciò che sei realmente. Un ragazzo con la clava che picchia a morte un altro ragazzo. Questa è la razza umana allo stato di natura.
Molto Signore delle mosche insomma (libro che tra l'altro non mi è piaciuto per niente), ma senza che questo porti a un reale cambiamento nel personaggio di Snow. Sembra quasi che per tutto il libro lui agisca senza sapere bene cosa sta facendo, senza un motore dell'azione chiaro. Come se fosse mosso da qualcun altro, cosa che fa perdere moltissima potenza alla sua cattiveria, che lo rende a sua volta "debole", anche se ambizioso. Ma l'ambizione senza l'astuzia, vestita solo del tradimento e della cattiveria, ha poco di affascinante a mio parere.
I personaggi sono evanescenti, non c'è ciccia, a parte, forse, nel personaggio di Seianus Plinth, che non riesce comunque ad acquisire uno spessore interessante. La figura latente del padre che aleggia sulle scelte di Coriolanus è piatta, si scopre solo alla fine un risvolto curioso, che potenzialmente poteva essere uno spunto forte, ma che arriva troppo tardi per avere davvero importanza. La descrizione degli Hunger Games è debolissima. Non si capisce quale sia l'importanza vera dei Giochi, è tutto appoggiato lì, si consuma tutto troppo in fretta. L'amore tra un cittadino di Capitol City e di una ragazza dei Distretti, vicenda potenzialmente molto intrigante, che poteva aprire scenari anche per il rapporto successivo con Katniss, in realtà non viene sviluppata al di là di qualche scambio di battute, che però cade nel vuoto. Insomma, è tutto appoggiato lì, senza che niente arrivi davvero a colpire un significato profondo. Niente a che vedere con la figura potentissima di Katniss o con lo stesso Snow presidente, che ritrovo molto poco in questo giovane traditore in erba. Sì, è chiaramente una brutta persona, ma insomma, bastasse essere una brutta persona per essere Coriolanus Snow... ! Anche la frase-motto della famiglia:
Gli Snow si posano in cima...
Bella, indubbiamente a effetto, un ottimo punto di partenza. Peccato che durante la vicenda questa cosa sembri più fortuita che voluta. Alla fine Snow risulta essere più fortunato che volitivo, ecco. Tutto sommato una grande occasione sprecata. Cosa che mi delude molto... Tutto sommato la ritengo più un'operazione di marketing che non una scelta creativa.
A chi non avesse ancora letto la trilogia: consiglio di non leggere prima questo, ma di iniziare direttamente con la trilogia ed eventualmente tenere questo per dopo. Non è di nessuna utilità né per inquadrare la figura di Snow, né per capire meglio i Giochi, anzi...
Tra l'altro, una cosa che mi cruccia, forse se qualcuno li ha letti mi può spiegare: Snow in età da diploma diventa mentore alla decima edizione degli Hunger Games; la trilogia parla della 74a edizione... nella trilogia dovrebbe avere più di 80 anni! Qualcuno mi aiuti!
Ballata dell'usignolo e del serpente, Suzanne Collins, Mondadori, 2020, 476 pagine.