Passa ai contenuti principali

Un'amicizia, di Silvia Avallone


 È brava la Avallone. Talmente brava da rendere molto bello un libro con una trama esile e personaggi a tratti improbabili. Un'amicizia è la storia del rapporto splendido/difficile tra Elisa – ragazza schiva, antiquata, con una famiglia complicata – e Beatrice – bellissima, ambiziosa, viziata ma tartassata da una madre esigentissima che la vorrebbe regina del mondo. Un'Amica geniale semplificata, diciamo. Semplificata perché qui non c'è quel fortissimo senso della Storia e del territorio (qui la vicenda si svolge negli anni Novanta a T., misteriosa località toscana sul mare da cui si vedono l'Elba e Montecristo) che c'è nei libri della Ferrante; è molto più breve, più semplice e anche i personaggi, diciamolo, sono molto meno definiti e "corposi". 

Il libro è scritto in prima persona, dalla penna di Elisa, per cui, inevitabilmente, il punto di vista è il suo. Beatrice la conosciamo filtrata dalle parole di Elisa e nonostante questo risulta un personaggio molto prevedibile, tanto che alcune sue azioni risultano chiare a noi lettori, ma evidentemente non a Elisa, che considera il comportamento di Beatrice balzano, quando invece non lo è affatto, visto il suo carattere. Viene fuori che Beatrice conosce Elisa molto di più di quanto Elisa conosca Beatrice e questo fa sì che certe reazioni della protagonista risultino assurde. «Ma come, ti stupisci? Era ovvio che avrebbe fatto questo, detto questo, agito in questo modo!». Ed è qui che sta la genialata del romanzo, la sua verità: noi lettori, da fuori, vediamo delle cose che lei, da dentro non vede: il rapporto di odio/dipendenza di Bea con la madre; il rapporto di Bea con Lorenzo (il compagno di Elisa) e la logica di usarlo come "arma"; il modo in cui Bea si comporta alla scoperta del segreto (che non spoilererò) che contribuisce al suo ritiro dalle scene... 

Tutto questo crea un personaggio, Elisa, di profonda umanità; un personaggio tanto ingenuo quanto contraddittorio, a tratti cattivo e vendicativo, piena di risentimento e di amore allo stesso tempo. 

Tante cose sono incongrue: la madre che se ne va col fratello tossico, lasciando Elisa in un luogo nuovo e con un padre pressoché sconosciuto, per tornare in una città che sembra all'altro capo del mondo ma in realtà è Biella: non potevano vedersi qualche weekend?; la rinuncia della madre alla musica giovanile: non poteva riprendere a suonare anche dopo aver avuto i figli? e perché non parlarne mai?; l'abbandono dell'agenda - consegnatale dalla madre di Bea in un ultimo drammatico colloquio prima di morire di cancro - sull'armadio che Elisa sottrae all'amica senza neanche leggerla: ma chi è quella ragazza che non legge una cosa così?; e come può pensare alla storia tra Bea e Lorenzo senza accertarsene: chi è che ha rapporti con una persona per anni senza venire a sapere certe cose?; perché Elisa non parla mai al figlio dell'amica d'infanzia? non ha molto senso; e altre cose così (lo so, parlo criptico per chi non ha letto il libro, ma sono cose che spoilererebbero il finale, per cui le accenno senza approfondirle). 

E poi quello che diventa Bea: un essere mitologico appartenente alla leggenda della Rete, capace di dettare la moda a milioni di persone in tutto il mondo, che occupa la prima pagina dei quotidiani per giorni per un buco dal social di qualche ora, di cui non ho ritrovato un corrispettivo nella realtà (forse la Ferragni?, ma non è così famosa nel mondo...). Tutto un po' fantascientifico e improbabile, in realtà. Tutto un po' artificioso. Ma la scrittura della Avallone è bellissima, ti tiene incollata alle pagine, si continua a leggere fatalmente. I riferimenti letterari, soprattutto a Elsa Morante (L'isola di Arturo e Menzogna e sortilegio), sono molto raffinati e coerenti. E poi c'è il vissuto, quello di tutti, quello che è fatto dei ricordi della giovinezza, delle amicizie simbiotiche, degli amori totalizzanti, dei musi lunghi per niente e delle risate incontrollate per sciocchezze. E poi c'è la realtà della crescita, della "maturazione" e della presa in carico della serietà della vita: quell'età in cui i problemi sono problemi e le sciocchezze sciocchezze; in cui i rimorsi mordono e la malattia del rimpianto è impossibile da curare. Un'amicizia ripercorre i passaggi della vita, quelli in cui si perdono i pezzi importanti e quelli in cui si raccattano da terra, per poi accorgersi che, forse, li avevamo gettati via noi.

E cosa darei, Bea, cosa, per tornare a quando eravamo piccoli, e saremo pure stati incasinati, trascurati, ma il corpo di mamma era una roccia e poteva sollevarci due in un colpo per farci il solletico.

Ecco, è tutto qui, ma indietro non si può tornare. O forse sì...

Note a margine: Spesso la lettura ci accompagna nello sfogliare un album di ricordi della sua vita attraverso le vicende di personaggi che siamo noi, in fondo. Ognuno legge per cercare cose che lo interessano. Io non ricerco mai me stessa e il mio vissuto, anzi, cerco proprio storie "altre" che lo arricchiscano senza ricalcarlo. Non amo immedesimarmi e grazie al cielo è una cosa che mi capita molto di rado. Sono profondamente convinta che ci siano vicende che assomigliano a nostre esperienze, ma che sia molto raro trovare personaggi con cui sentirsi affini fino in fondo. Ma è pur vero che ci sono tratti comuni nell'esperienza di ognuno di noi, anche se solo a tratti, o a trattini. Penso che in molti possano essersi riconosciuti in Elisa o in Bea, nelle loro esperienze familiari e sentimentali o nei modi in cui le affrontano. Io per prima. Chi non ha avuto amicizie totalizzanti, simbiotiche, che poi magari sono finite per eventi traumatici o semplicemente perché la vita prende strade diverse per ciascuno? Penso che Un'amicizia sia un romanzo ad alto tasso di immedesimazione e, anche se sfuggo a questa logica, mi sia tanto piaciuto proprio per questo ripercorrere delle strade conosciute, nel bene e nel male. E si prova nostalgia per ciò che è stato, senza rinnegarlo, ma ricordando con affetto e una punta di amarezza, indispensabile a ogni storia umana ben riuscita. 

La vita ha davvero bisogno di essere raccontata, per esistere?

Un'amicizia, di Silvia Avallone, Rizzoli, 2020, 444 pagine.

Il gatto nella foto: questi piccoli multipli d'arte seguono i percorsi immaginati dall'autrice, Antonella Cicalò, ma possono interpretare anche il flusso dei pensieri del committente che darà così lo spunto per realizzare il suo personale “gatto maestro”, unico e irripetibile. Questi collages sono realizzati con frammenti di riviste letterarie e da collezione, stagnola, legno da recupero e componenti industriali del pet food. Ogni pezzo è unico. Per visitare il suo sito, qui !

Post popolari in questo blog

L'ottava vita (per Brilka), di Nino Haratischwili

 Mi ero ripromessa di lasciar passare un po' di tempo prima di leggere altre saghe familiari, avendo ampiamente dato nel 2021 ( il ciclo dei Leoni di Sicilia , Prima di noi , la saga dei Clifton , La casa sull'argine , Gente del Sud ...); ma poi, in biblioteca, mi sono ritrovata tra le mani questo tomo notevole di più di mille pagine, e mi sono incuriosita. In più, Nino Haratischwili nasce drammaturga e regista e la mia "deformazione teatrale" ha preso il sopravvento. Ringrazio la mia capacità innata di non tenere fede ai miei propositi! Altrimenti non avrei letto quello che penso sia un capolavoro, un libro che va oltre la famiglia, oltre la Storia, oltre il tempo e lo spazio, compenetrandoli con la scrittura. Stasia (che parla con i fantasmi), Christine , Kitty , Elene , Daria , Niza (la narratrice) e Brilka (la destinataria di questa storia e dell'ottava vita); ma anche Mariam, Sopio, Ida, Alla, Lana, Nara, Fred, Amy... sono le donne le protagoniste di ques

Tre, di Valérie Perrin

  Puro intrattenimento, ottimo. Dopo Il quaderno dell'amore perduto (bruttissimo il titolo italiano; suonava così bene in francese: Les Oubliés du dimanche  [I dimenticati della domenica])  e Cambiare l'acqua ai fiori , la Perrin torna a parlare di passato e di come il passato sia inevitabile vettore delle nostre vite, nel bene e nel male; come non possa cancellarsi; come possa essere rifugio e pietra al collo, consolazione e condanna. Banale? Un po', indubbiamente. Ripetitivo? Anche, forse. Ma devo dire che non mi stanca mai. È una di quelle autrici che non consiglio di leggere in modo "seriale"; penso che tra un libro e l'altro sia meglio inserire altre letture per non rischiare di cadere un po' nella reiterazione del meccanismo. Ma se si vuole "staccare il cervello" con letture di evasione, avvincenti e scritte bene, allora la Perrin per me è perfetta.  Con Tre ci porta a La Comelle , un paesino della Borgogna, uno di quelli da cui i ragazzi

La variante di Lüneburg, di Paolo Maurensig

  Ho trovato per caso, tra altri libri, sistemando una casa per affittarla, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig . Incuriosita, non conoscendo l’autore né il titolo mi sono informata, scoprendo che è considerato un capolavoro nel suo genere. Beh, lo confermo. L’ho letto in un giorno, senza riuscire a staccarmene. Non amo etichettare i libri per genere, ma se dovessi farlo per questo, onestamente non saprei dove collocarlo. Inizia come un giallo, con la morte di un uomo d’affari e scacchista, Dieter Frisch , che viene catalogata come suicidio. Ma sul cui corpo viene ritrovata una scacchiera di stoffa, cosa che fa pensare invece più a un’esecuzione. Con un flashback del giorno prima della morte, ritroviamo Frisch in treno impegnato in una partita a scacchi con un collega. A un certo punto nello scompartimento entra un uomo, Hans Mayer , che comincia a raccontare una storia sul suo maestro-mentore-padre adottivo, Tabori , ex detenuto del lager di Berger Belsen che si scoprirà avere