Una bomba. Questo romanzo è una bomba. Non so neanche, in effetti, se chiamarlo romanzo, perché è un diario – fittizio certo, ma pur sempre un diario, scritto come un diario e pubblicato come tale (con tanto di note all'editore del protagonista). A scriverlo è Skyler Rampike, ragazzo disturbato/tossicodipendente/maniaco ossessivo, possessore delle più svariate patologie psichiatriche - alcune sconosciute ai più (sicuramente ai non-americani) - che vuole lasciare una testimonianza/espiazione della sua vita rovinata/distrutta dalla morte violenta della sorellina di sei anni; una vita vissuta a pensare di essere la fonte del male, di essere marcio, di essere sbagliato.
Skyler Rampike è dunque il fratello di Bliss Rampike, baby campionessa prodigio di pattinaggio, vincitrice di plurimi megapremi che la rendono la bambina più popolare di Fair Hills, New Jersey e di tutta la East Coast. Entrambi sono figli di Betsey e Bix Rampike, lei una casalinga belloccia ma sfiorita, ex baby campionessa di pattinaggio fallita; lui una carriera da manager e sciupafemmine in ascesa, bello, brillante, esempio del maschio alfa americano sulla breccia, con tanti amici, che ama i figli quando c'è e la moglie quando fa la madre. In costante senso di inferiorità e costante ricerca di riconoscimento e di apprezzamento, Betsey tenta il riscatto sociale attraverso i figli e l'eccellenza nello sport (da sempre la via del successo del rampante giovane yankee) – del pattinaggio in particolare, essendo lei fallita nell'impresa. Dopo la débâcle del figlio è la volta della figlia, che invece si appassiona e diventa campionessa assoluta di pattinaggio e di glamour e la catapulta direttamente nel bel mondo di Fair Hills, non più solo in quanto "fortunata" moglie di Bix, ma ora, orgogliosamente, in quanto "fortunatissima" madre di Bliss. Una vita sociale per procura che la rende popolare e invidiata: la massima aspirazione in quella classe media dell'America di provincia che fa da serbatoio a concorsi per baby fenomeni (da baraccone) che assurgono poi alle cronache di vari colori (rosa, nera...).
Quegli anni! Anni vorticosi e felici! E non furono molti perché quello che ebbe inizio con Bimbi-sul-ghiaccio 1994 sarebbe terminato sul finire del gennaio 1997, quindi appena il frammento di un'esistenza, eppure, in un certo senso rappresentativo di una vita americana: anonimato, celebrità, fine.
Contemporaneamente, il settenne Skyler, che vorrebbe diventare ginnasta (con divertito sconcerto da parte di Bix, che lo vorrebbe giocatore di football, o di baseball, veri sport americani, che però lo incoraggia affiancandogli un personal trainer che è pagato per allenarlo come un quindicenne), ha un incidente in palestra e si rompe tutto, con fratture che lo costringeranno a zoppicare a vita, sancendo così la definitiva scomparsa del bambino dal cuore e dalla vita della famiglia. Diventerà a tutti gli effetti il fratellino sfortunato di Bliss-la campionessina indiscussa del cuore e del portafoglio dei fortunati genitori Rampike, cosa che lo trascinerà giorno dopo giorno verso l'abisso della propria inadeguatezza, senza avere gli strumenti, così piccolo, per comprendere l'incredibile fortuna che poteva avare nell'essere risparmiato dalla fame di fama della ipercinetica/ipercomunicativa/ipersociale madre, Betsey Rampike (che riuscirà a sfruttare anche la morte della figlia per risorgere dalle proprie ceneri come una mostruosa fenice appollaiata sul laido ramo di un successo televisivo da quattro soldi).
Randy Riley si è lanciato in una filippica improntata all'indignazione patriottica, ringraziando Betsey Rampike per essere un «tale fulgido modello di comportamento» per le ragazze e le donne americane, si congratula con lei per il «successo spettacolare» dei prodotti della sua linea Profumo del Paradiso: «Dalle ceneri di una tragedia, si raccolgono dei frutti: questo è il modello di vita americano».
La disgrazia, il ritrovamento una mattina del gennaio 1997, del corpo di Bliss Rampike assassinata nel locale caldaia della propria casa, sarà l'inizio del viaggio all'inferno dentro se stesso dello Skyler-sospettato dell'omicidio di quella sorellina che non poteva non invidiare per il suo successo e la sua bellezza, lui, ragazzino storto fuori e dentro. Inizia il suo pellegrinaggio per cliniche e scuole speciali; attraverso la somministrazione di sempre più farmaci per "curare" le sempre più complesse patologie psichiatriche di cui è affetto. Anche il primo amore, storto e malsano come tutto intorno a Skyler, risulterà essere solo l'ennesima tappa del cammino verso la disperazione e la morte del proprio Io, in una sublimazione del senso di colpa che può passare solo attraverso l'annientamento del proprio sé. Solo la liberazione da quel senso di colpa, la rescissione dei legami marciti e la resurrezione della consapevolezza di se stesso potrà salvare Skyler da quella che sembra essere l'inevitabile discesa verso l'abisso dell'esistenza.
Sono personaggi malati, tutti senza eccezioni, quelli che abitano Sorella, mio unico amore, ognuno vittima di qualcosa o di qualcuno, tutti vittime di se stessi. Unica, fulgida eccezione, una bambina, un po' lenta di comprendonio, ma tanto talentuosa e bellina da non aver bisogno di altro che della sua bravura e della sua mamma-manager che sa sempre cosa sia giusto per lei. Una bambina che ama il fratello, ama tutti e ha il terrore di non essere più amata se cade sul ghiaccio o non sorride nelle foto; una bambina che prende più medicine di un paziente psichiatrico terminale; una bambina che viene vestita come una Barbie Pornostar, ma che mantiene il candore (ovviamente iper-erotico dei suoi tre/sei anni); una bambina che vuole che il fratello le disegni proibiti cuori rossi sulla pelle; una bambina che è solo la caricatura di una bambina e che essere bambina non sa cosa voglia dire; una bambina che morirà per colpa di adulti che si sono dimenticati - o non hanno mai saputo - cosa vuol dire essere bambini.
Sorella, mio unico amore è un romanzo (?)/diario crudele, agghiacciante, malsano e magnifico. La scrittura della Oates è potentissima, senza paura, capace di scavare nell'animo e nella società americana con la forza di un martello pneumatico e il coraggio di chi, come Skyler, non ha più niente da perdere, se non la propria anima. Le pagine finali su Dio e la redenzione sono straordinarie. Tutto il romanzo lo è, con punte di vero sublime nel sarcasmo con cui Skyler affronta il mondo, l'«inferno della stampa scandalistica», le droghe, le amicizie, l'amore (romantico e familiare). In un continuo dentro e fuori, dove a volte la voce dell'autrice si allaccia a quella di Skyler, facendo sue le graffianti e cattivissime opinioni sulla società americana, la Oates può così liberamente parlare del mondo con il filtro della devianza mentale di un ragazzino rovinato: geniale. Veramente geniale.
Da leggere liberi da pregiudizi per poter pienamente "godere" e rabbrividire davanti agli abissi che la società può spalancare nella vita di chi non ha gli strumenti, o banalmente la voglia, di nuotarci dentro.
Note a margine: Sorella, mio unico amore è un saggio di sociologia vero e proprio che restituisce uno spaccato di way of life americano agghiacciante. Non che non si sappia che esistono sacche di fanatismo malato tra certi strati di popolazione (come anche altrove, del resto), ma siamo abituati a pensare questi fenomeni come caratteristica di un certo strato sociale, magari tra persone con livelli di istruzione e cultura bassi, o provenienti da alcune zone "depresse" del continente. Ma vedere questi comportamenti nei personaggi descritti dalla Oates, o sapere che è tutto riconducibile a qualcosa di realmente accaduto (anche se nella realtà l'assassino è rimasto sconosciuto, mentre nel romanzo trova una risposta, per quanto terrificante), rende tutto tremendamente, pericolosamente vicino. Sapere poi la soluzione del mistero cala tutto in una palude di orrore, che ha origine dal desiderio di quella luce diamantata che solo la celebrità può dare; cosa che se possibile, peggiora ancora di più la sensazione di viscidume sulla pelle che dà leggere questo capolavoro letterario (perché per me di questo si parla). Girellando in rete ho trovato molti commenti di disgusto per la copertina (una foto di Troy Douglas), correlati da sconcerto. Ecco, questa è la dimostrazione che funziona! Sì, perché la sensazione che vi dà la copertina è esattamente quella che dà la vicenda narrata. E attenzione: non il romanzo nella sua scrittura, ma la storia e i personaggi che la abitano. Chi ha letto il libro capirà sicuramente quello che intendo e chi non l'ha letto, capirà.
Ho volutamente lasciato il nero di fianco alla copertina nella foto perché non saprei assolutamente cosa affiancarle. Lei da sola è esplicativa di tutto...
Sorella, mio unico amore, di Joyce Carol Oates, [Mondadori, 2008, 667 pagine], La Nave di Teseo, 2022. Traduzione di Giuseppe Costigliola
Un piccolo assaggio audio: