Lo dico subito: non mi sono strappata i capelli. Anzi. Ho letto L'arminuta di Donatella Di Pierantonio spinta dall'enorme entusiasmo suscitato da questo romanzo vincitore del Premio Campiello 2017 e tornato in auge dopo l'uscita del suo seguito Borgo Sud, candidato allo Strega di quest'anno. Per carità, è scritto bene, l'ho letto in un giorno e mezzo, la storia acchiappa. Ma... c'è sempre quel "ma" che mi aleggia intorno quando leggo letteratura italiana "molto" contemporanea. Sono pochi gli autori che sfuggono a questo "ma" (Scurati, Fontana, Ammanniti, Ferrante...).
La storia è molto semplice: l'arminuta, che significa in dialetto abruzzese «la ritornata», torna in seno alla famiglia di origine, di cui non conosce nemmeno l'esistenza, e da cui era stata allontanata per varie cause legate all'indigenza della coppia dei genitori naturali. Il passaggio è durissimo: lei, abituata dalla famiglia "affidataria" agli agi della città e a una situazione economica soddisfacente, si ritrova in un contesto di estremo disagio, tra persone che non conosce, a sentire parlare una lingua sconosciuta (il dialetto stretto delle montagne abruzzese) e a dividere spazi piccoli e scomodi con persone a lei estranee. nonostante siano fratelli e sorella. La madre, che lei sceglie di non chiamare mai «madre», anche se è capace, a tratti, di gesti di tenerezza malcelata; il padre, perlopiù assente e violento quando presente, i fratelli arroganti e strafottenti che la prendono in giro e la spaventano con scherzi spesso crudeli, diventano la realtà quotidiana di una ragazza che va a una buona scuola media di città, studiosa, abituata a uscire con le amiche, a una casa sulla spiaggia e a una madre profumata ed elegante. Per fortuna, in questa casa maleodorante e disordinata ci sono anche Vincenzo e Adriana, il fratello pericoloso e "zingaro" che la vede donna e la porta sull'orlo dell'irreparabile, ma che la lascerà troppo presto per varcare il limite; e la sorella, grezza e intelligente, che si trasformerà in ancora di salvezza e oggetto d'amore.
Perché è stata riportata? Perché le sono state tolte la sua vita e la sua famiglia per finire in questa accozzaglia di gente zotica e senza soldi? Tra sensi di colpa, complessi di inferiorità, rabbia e tremenda delusione si scoprirà il vero motivo dell'abbandono e la possibilità o meno di perdonare e tornare ad amare.
Una storia familiare dolorosa e cocente, senza dubbio. Scritta con un linguaggio secco, ma evocativo, che parla di disparità: tra luoghi, tra persone, tra stili di vita, tra sentimenti. Colpisce e commuove, senza dubbio. Ma...
Note a margine: Le note a margine sono in questo caso direttamente collegate a quel "ma". Forse ho sbagliato momento. Venivo da Prima di noi di Giorgio Fontana, una storia familiare potentissima e indissolubilmente legata alla Storia del paese, intessuta di citazioni ed estremamente elegante nel linguaggio. Uno di quei romanzi di grande respiro che amo moltissimo e che mi lasciano addosso una sensazione di soddisfazione e appagamento. Questo L'arminuta vola via, troppo. I personaggi sono interessanti, ma hanno "vita breve"; il contesto è volatile: capisco la voglia di rendere universale la vicenda, ma non c'è una notazione all'ambiente in cui si svolge, se non nelle descrizioni di un disagio domestico, che però resta relegato agli atteggiamenti umani ma che niente ci dice del luogo. Non c'è contesto storico: quando si svolge? Quali sono le condizioni storico-sociali in cui si muovono i personaggi? Mi sembra tutto un po' appiccicato lì, un po' anche un'occasione sprecata. Il racconto dell'abbandono, del senso di inadeguatezza, di rifiuto, di disperato bisogno di risposte, delle radici... si perde tutto in un racconto scritto bene, ma frettoloso in cui non sono riuscire a entrare in empatia con i personaggi, se non, forse, con Adriana, a cui ci si affeziona, ma che, anche lì, rimane come il raggio di un faro che illumina, salva, ma presto passa via...
L'arminuta, di Donatella Di Pierantonio, Einaudi, 2017, 176 pagine.
Il gatto nella foto: questi piccoli multipli d'arte seguono i percorsi immaginati dall'autrice, Antonella Cicalò, ma possono interpretare anche il flusso dei pensieri del committente che darà così lo spunto per realizzare il suo personale “gatto maestro”, unico e irripetibile. Questi collages sono realizzati con frammenti di riviste letterarie e da collezione, stagnola, legno da recupero e componenti industriali del pet food. Ogni pezzo è unico. Per visitare il suo sito, qui !