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Canone inverso, di Paolo Maurensig



Ho letto Canone inverso di Paolo Maurensig sull’onda dell’entusiasmo per La variante di Lüneburg e non sono rimasta delusa, anzi, ma… Sì, c’è un “ma”, anche se premetto che mi è piaciuto moltissimo. Andiamo con ordine.

Anche in Canone inverso la narrazione procede per scatole cinesi con punti di vista differenti e flashback. Protagonista assoluta del libro è la Musica, che da arte diventa vita, che diventa metafora di meccanismo del pensiero (così come il gioco degli scacchi è stato per La variante). Anche qui Maurensig gioca con i generi (il mistery, il giallo, il romanzo psicologico) e usa un linguaggio primonovecentesco che crea un’atmosfera perfetta per immergersi nel mondo dell’arte musicale del periodo prebellico. Come per La variante non è importante essere esperti di scacchi, così non essere particolarmente esperti dell’arte musicale, non preclude l’enorme piacere della lettura di Canone inverso, ma, appunto, ma…

La trama è semplice: un uomo acquista a un’asta di strumenti musicali da Christie’s a Londra, un violino particolarissimo, posseduto da un sommo liutaio tirolese del Seicento, con una strana testa urlante di mammelucco al posto della tradizionale chiocciola, sul cavigliere. Ma quando il violino gli viene recapitato in albergo, un altro uomo si presenta alla sua porta, offrendogli qualsiasi cosa per averlo. Davanti a un rifiuto, l’uomo rivela di essere uno scrittore e di essersi imbattuto in quel violino tempo prima e gli racconta una storia strana e inquietante relativa al suo proprietario. Il punto di vista passa dunque allo scrittore, che comincia a raccontare l’incontro viennese con un musicista di strada bizzarro, che a sua volta gli racconta la sua storia. La terza scatola cinese si apre con il racconto di quest’ultimo, Jenö Varga, che ci conduce in una Vienna crepuscolare in cui si cominciano a vedere i prodromi del disastro bellico che sta arrivando.

Dissertazioni sull’immortalità, sul talento e la perfezione; racconti di collegi/carcere; un castello frequentato da personalità illustri del governo e dell’intellighenzia mitteleuropea; una bizzarra amicizia profondissima ma conflittuale con uno strano ragazzo; un amore “impossibile”; tutto ciò è terreno fertile per la vicenda.
Immagini di dover far muovere a comando cuore, polmoni, di dover regolare la pressione sanguigna, il ricambio delle cellule, l’eliminazione dei mille veleni che ingerisce tutti i giorni. E di doverlo fare sempre con la consapevolezza che uno sbaglio, o una semplice dimenticanza, le risulterebbe fatale. Può immaginarselo tutto questo?
A un certo punto, si insinua il mistero e si capisce che la storia prenderà una piega forse esoterica? Non posso dire nulla per non rivelare importanti informazioni che portano finale molto a sorpresa.

Il libro mi è piaciuto, sia chiaro. L’ho trovata una lettura appassionante, che mi ha fatto volare due giorni. I personaggi sono molto ben disegnati, il mistero, l’atmosfera sono intriganti, la scrittura è bellissima e ricca. Ma lo devo dire: nonostante questo La variante di Lüneburg mi è piaciuto di più, per quelle pagine su Bergen Belsen sublimi, per quell’aura universale che parla di un’intera società, per quella metafora scacchi/mondo così calzante e ben congegnata. Qui, in Canone inverso, vedo più intimismo, più vicenda personale, che naturalmente è godibilissima, ma che a mio avviso non ha la potenza de La variante. E anche qui non mancano le pagine sublimi, soprattutto quelle in cui vengono sviscerati i “grandi temi” in chiave metaforico-musicale; o quelle in cui parla della morte della madre, e del disagio del protagonista nel provare quasi fastidio a dover pensare a lei e non alla sua musica.
Mi sentivo irritato perché per tutte le esequie non mi sarei potuto dedicare alla musica. Neppure con il corpo di mia madre già composto nella camera ardente resistei alla tentazione di appartarmi per sfiorare con l’archetto le corde del mio violino, per sentirne almeno il sussurro.
Da ascoltare, naturalmente, La ciaccona di Bach. Mi è anche venuta in mente, non so perché, una frase di Irving tratta da Hotel New Hampshire (che è uno dei libri della mia vita):
Mi sa che è questo uno dei motivi per cui il Sacher è il più bel caffè del mondo, secondo me: ha la grazia di non farti vergognare della tua infelicità.
Ripeto che non so perché, sicuramente perché parla del Sacher di Vienna, ma mi è tornata in mente. La butto lì.

Un altro riferimento che mi viene in mente è a Tutti gli uomini sono mortali di Simone De Beauvoir, per il tema dell’immortalità e della condanna dell’uomo a questa così agognata e così maledetta condizione. Una frase in particolare di Canone inverso mi ci ha riportato:
Il prolungamento indefinito della vita del corpo (…) avrebbe una conseguenza tremenda: l’uomo dovrebbe portarsi addosso per un tempo indefinito il peso insopportabile dei propri peccati.
E naturalmente un altro libro che non può non essere evocato è Madrigale senza suono di Andrea Tarabbia – vincitore del Premio Campiello 2019 – un’opera difficile, ma straordinaria per particolarità di vicenda e di scrittura.

Non ho note a margine questa volta. Non so perché, ma è rimasta una lettura molto bella, che però non mi ha lasciato addosso particolari domande o collegamenti. Lo imputo senz’altro al fatto che il mondo della musica e di questo tipo di dissertazioni sono molto lontani dal mio vissuto. Sicuramente un musicista o un cultore della musica e degli strumenti troverà tantissime cose in questo piccolo gioiello di scrittura – perché di questo si tratta. Leggerò altri libri di Maurensig, che reputo davvero bravissimo, ma nel cuore per ora resta La variante di Lüneburg. Quello che mi lascia Canone inverso è una gran voglia di leggere autori italiani. Perciò mi butto su Malinverno, di Domenico Dara. Vi farò sapere.

Chiudo con una citazione che mi ha particolarmente colpita, perché anche se parla dell’approssimarsi della guerra, mi ha rimandato con la mente a questi nostri, tormentati, mesi con la riflessione: il mondo a un certo punto cambia, per eventi imprevisti e l’essere umano adatta se stesso e il suo comportamento, attaccandosi a ciò che ha:
Per la prima volta mi accorgevo che il mondo era cambiato, era come privato della propria luce. Non sopportavo di stare in mezzo alla gente, non mi riconoscevo nei miei simili, non ne condividevo gli ideali, non li capivo. Andando per le strade e per le piazze sentivo aprirsi in me brecce di panico. La gente era diventata folla, ottusa folla, sospinta dallo smarrimento, che si incanalava nella rigida planimetria della città. C’era una smania allucinata di aggregarsi. Nessuno voleva restare solo con la propria coscienza. Si abbandonava il silenzio delle chiese e delle case, il calore temperato dei ceri e delle lampade da tavolo, si chiudeva il proprio libro e il proprio messale per uscire a mescolarsi con gli altri, a sentire gli strilloni che annunciavano i prodromi della catastrofe. (…) Mai vista tanta folla in vita mia, mai vista negli occhi della gente una luce così festosa e tragica allo stesso tempo. Neppure per il Messia, forse, c’è stata una simile attesa.
Canone inverso, di Paolo Maurensig, Mondadori, 1996, 172 pagine (naturalmente ci sono edizioni più recenti. Io ho preso la prima in prestito in biblioteca).

Il gatto nella foto: questi piccoli multipli d'arte seguono i percorsi immaginati dall'autrice, Antonella Cicalò, ma possono interpretare anche il flusso dei pensieri del committente che darà così lo spunto per realizzare il suo personale “gatto maestro”, unico e irripetibile. Questi collages sono realizzati con frammenti di riviste letterarie e da collezione, stagnola, legno da recupero e componenti industriali del pet food. Ogni pezzo è unico. per visitare il suo sito, qui !

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