Passa ai contenuti principali

Io e le falene


 

Le farfalle notturne basano il proprio volo sul meccanismo dell’orientamento trasversale e si servono della luna come punto di riferimento luminoso per la geolocalizzazione. Gli occhi delle falene sono organicamente creati per captare deboli emissioni luminose e quando percepiscono una fonte di luce artificiale, questa agisce come un potente stimolo che le attrae in maniera irresistibile, impedisce loro di trovare partner e cibo, le intrappola in uno spazio che le rende vulnerabili ai predatori e le fa soccombere al colore dei lampioni. Mentre sono in grado di scampare agli ecolocalizzatori a ultrasuoni dei pipistrelli, le falene non sono riuscite ad adattarsi a un mondo in cui la luce elettrica brilla costantemente…

Jean-Charles Vergne, curatore della bellissima mostra di Gregory Crewdson che ho visitato alle Gallerie d’Italia di Torino a gennaio 2023 con il mio compagno scrive questo in merito a uno strepitoso lavoro di Crewdson sulle lucciole e la notte.

Sono una falena… irrimediabilmente incapace di vivere bene nelle mille luci di una società impazzita, in cui i video e la musica martellante invadono cielo e aria. Mi disorienta. Ho bisogno della luce naturale e della contemplazione di pagine scritte bene. Mi piace la notte nera, in cui si possono vedere le stelle e sentire il rumore dei grilli. Vivo sui Navigli a Milano. Trovate lo scollamento…

Alessia Stefanini, classe 1976, milanese. Postproduttrice editoriale per lavoro, lettrice compulsiva per passione.

Questo non è un blog di critica: se cercare divertenti stroncature "giusto per" non siete nel posto giusto.

Non è un blog di sinossi: difficilmente troverete le trame dettagliate dei libri trattati.

Non ci troverete voti: né dall'1 al 5, né dall'1 al 10, né stelline.

L'intento è quello di fissare ciò che mi è rimasto delle mie letture e di contestualizzarlo nell'oggi che stiamo vivendo, magari con rimandi artistici, musicali, gastronomici...

Buon tempo!

Alessia

PS. Ah, dimenticavo, amo i gatti. Ne troverete un bel po'. 😉


foto: Gabriele Lopez





Post popolari in questo blog

Tre, di Valérie Perrin

  Puro intrattenimento, ottimo. Dopo Il quaderno dell'amore perduto (bruttissimo il titolo italiano; suonava così bene in francese: Les Oubliés du dimanche  [I dimenticati della domenica])  e Cambiare l'acqua ai fiori , la Perrin torna a parlare di passato e di come il passato sia inevitabile vettore delle nostre vite, nel bene e nel male; come non possa cancellarsi; come possa essere rifugio e pietra al collo, consolazione e condanna. Banale? Un po', indubbiamente. Ripetitivo? Anche, forse. Ma devo dire che non mi stanca mai. È una di quelle autrici che non consiglio di leggere in modo "seriale"; penso che tra un libro e l'altro sia meglio inserire altre letture per non rischiare di cadere un po' nella reiterazione del meccanismo. Ma se si vuole "staccare il cervello" con letture di evasione, avvincenti e scritte bene, allora la Perrin per me è perfetta.  Con Tre ci porta a La Comelle , un paesino della Borgogna, uno di quelli da cui i ragazzi

La variante di Lüneburg, di Paolo Maurensig

  Ho trovato per caso, tra altri libri, sistemando una casa per affittarla, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig . Incuriosita, non conoscendo l’autore né il titolo mi sono informata, scoprendo che è considerato un capolavoro nel suo genere. Beh, lo confermo. L’ho letto in un giorno, senza riuscire a staccarmene. Non amo etichettare i libri per genere, ma se dovessi farlo per questo, onestamente non saprei dove collocarlo. Inizia come un giallo, con la morte di un uomo d’affari e scacchista, Dieter Frisch , che viene catalogata come suicidio. Ma sul cui corpo viene ritrovata una scacchiera di stoffa, cosa che fa pensare invece più a un’esecuzione. Con un flashback del giorno prima della morte, ritroviamo Frisch in treno impegnato in una partita a scacchi con un collega. A un certo punto nello scompartimento entra un uomo, Hans Mayer , che comincia a raccontare una storia sul suo maestro-mentore-padre adottivo, Tabori , ex detenuto del lager di Berger Belsen che si scoprirà avere

Berta Isla, Javier Marías

Berta Isla è l'esempio perfetto di romanzo che continui a leggere senza riuscire a smettere, anche se in fondo non sai perché; che ti tiene incollata alla lettura, anche se in realtà non c'è una vicenda appassionante da seguire, né un finale misterioso da scoprire, né tantomeno azioni al cardiopalma da non poter interrompere. Berta Isla è un "dietro le quinte", e non a caso uso la metafora teatrale (io che del teatro mi nutro da sempre). È l'omino del cervello dei personaggi di le Carré, di Ludlum, di Follett... è ciò che succede laddove tutto ha inizio e tutto finisce nonostante quello che ci capita: la nostra anima. Siamo abituati a leggere libri di spionaggio al cardiopalma (Ludlum) o che scoperchiano complotti internazionali (le Carré) o che raccontano con eleganza le vicissitudini "quotidiane" dell'agente segreto in missione (l' Ashenden  di Maugham). È un genere che amo molto e di cui ho letto parecchio. Ma mai avevo incontrato un romanzo