Estremo Nord della Norvegia, un villaggio di pescatori. Quattro amici, a distanza di anni si ritrovano nel luogo natio in giorni difficili, proprio quando al largo del villaggio, una piattaforma petrolifera ha subito un grave danno. I quattro amici di gioventù, appassionati di gioco di ruolo fantasy (e come li capisco!), sono Åna, bellissima donna, con due figli adolescenti – Jørn e Noah – e un ex marito – Franck, ex fidanzata di Noah (sì, si chiama come il figlio!), uomo dal grande carisma, capo della “banda”, master del gioco di ruolo fantasy di cui gli amici erano appassionatissimi, come tantissimi altri ragazzi in quegli anni, vedi Strangers Things. Noah è un geologo e si occupa di sicurezza delle piattaforme petrolifere giunto nel paese proprio per controllare quella ancorata lì, già protagonista di un incidente recente. Poi ci sono Anders, appassionato di flora e fauna, di cui tiene dettagliate descrizioni in diari disegnati – a mio parere le parti più belle – e Knut, detto Biskopen, il Vescovo, che vive come un eremita, circondato da cani, in una chiesa sconsacrata di cui i russi vogliono il terreno per ampliare i propri traffici illeciti.Il climax. Il momento in cui tutto cambia.
La storia si snoda nell’arco di poche settimane, quelle del cedimento della piattaforma petrolifera Sigurt, dal nome dell’eroe della mitologia nordica – il nostro Sigfrido – famoso per aver ucciso il drago Fafnir nei Nibelunghi di Wagner. Ed è importante questo riferimento perché nel romanzo corrono in parallelo le vicende contemporanee – con la piattaforma petrolifera e il disastro annunciato che si avvicina a grandi passi – e quelle invece legate alla mitologia nordica, che l’autore racconta come se i ragazzi stessero giocando all’amato gioco di ruolo, in cui il drago Fafnir viene sostituito dal lupo Fenrir. Ma Sigurt vincerà come in Wagner, o il mondo verrà inghiottito dal grande «flagello»?
La scrittura di Thomas B. Reverdy è molto bella – del resto è uno dei più amati e premiati scrittori francesi contemporanei –, profonda, capace di descrivere con pochi tratti caratteri e atmosfere.
Il parallelo tra la fine del mondo mitologico e quella pessimisticamente (o realisticamente) imminente del nostro è suggestivo. Colossi che distruggono il territorio, siano draghi, lupi distruttori o petroliere, combattono con noi una lotta impari in cui la corruzione e la brama di soldi e potere umane fanno da aghi della bilancia. Stiamo «danzando sopra un vulcano», mentre rincorriamo le nostre piccole vite, i nostri piccoli desideri e proviamo a essere felici nel tempo di un amplesso o della crescita di un figlio, che probabilmente se ne andrà il più possibile lontano, pensando erroneamente di sfuggire alla catastrofe.
È un libro scuro questo Climax, ma ferocemente realista. Non chiude gli occhi né davanti alla meschineria umana né alla “crudeltà” della natura.
Come dicevo, le parti che ho amato di più sono quelle in cui Anders racconta della flora e fauna, facendo anche scoprire cose curiose. Per esempio, ho adorato la descrizione del narvalo e quella della Balaena mysticetus, la più grande dopo la balenottera azzurra, che si trova solo in acque artiche e che può vivere più di duecento anni:
Non fa altro che nuotare e cantare. Canta senza sosta, ventiquattr’ore su ventiquattro per cinque mesi all’anno, motivo per cui i marinai la chiamano il canarino dei mari.
Reverdy è chiaramente un pessimista ambientale, lo sono anch’io. Dicono che stiamo facendo cose inumane ma penso, al contrario, che ci sia molto di umano in ciò che ogni giorno vediamo e sentiamo sul clima: arroganza, menefreghismo, interessi fuori controllo... e cosa c’è di più umano di questo? È un momento molto brutto, che chi vive al Nord accusa molto più di noi, perché è lì e vede e percepisce.
È un libro molto bello, non facilissimo, ma pieno di poesia e di speranza e di amore per il pianeta.
È molto bella la Nota dell’autore, che consiglio di leggere assolutamente e di cui riporto, in chiusura, qualche riga:
La fine del mondo, dopotutto, è anche un tempo di leggende, e questo è già qualcosa. Nell’Artico il conto alla rovescia è cominciato. [...] I ghiacciai si sciolgono. Gli orsi muoiono. Non è il crepuscolo degli dèi, è il nostro. Benvenuti nell’Antropocene. [...] La finzione modella il nostro mondo. Senza di essa, tutto ciò sarebbe irrimediabile. Senza di essa, la banchisa non sarebbe altro che ghiaccio.
Climax, di Thomas B. Reverdy, Edizioni Clichy, 2025 (2021), 343 pagine. Traduzione di Tommaso Gurrieri