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I gatti di Shinjuku, di Durian Sukegawa

 

Da giovane l'autore si è visto negare occasioni d'impiego per il suo daltonismo; sul frigorifero di un bellissimo locale di Shinjuku è appeso un «ritratto di famiglia dei gatti». A esclusione di questi due fatti, il presente racconto è finzione. Non ha minimamente a che fare - neanche un po', nemmeno quanto l'unghia di un gatto - con alcuna persona o struttura organizzativa realmente esistente.

Shinjuku è pieno di gatti. Me l'ha detto anche il mio compagno, che è stato a Tokyo qualche anno fa. Gatti che entrano ed escono dai locali, dai negozi, che passeggiano in strada, che chiedono cibo. Gatti che sono silenziosi testimoni della vita dei cittadini che passano le loro serate a bere, chiacchierare, ridere e soffrire nei piccoli localini di Goldengai. 

Tra questi c'è Yama, giovane aspirante autore di sceneggiature, per ora tira a campare scrivendo domande per i quiz televisivi. Non riesce a trovare lavoro, perché daltonico. In prima persona, Yama ci racconta delle sue giornate tra il piccolo appartamento, gli studi in cui lavora e il Kalinka, il locale dove passa il suo tempo libero a parlare con gli altri habituée e a scommettere al gioco inventato Toh, un gatto!, che consiste nell'indovinare quale gatto apparirà alla finestrella sopra al bancone. A fare da legenda per i nomi dei gatti del quartiere, un disegno che li rappresenta realizzato da Yume, una ragazza un po' strampalata che lavora lì e che stringerà un legame speciale con Yama. 

Con un passato oscuro e difficile, Yume ha trovato nei gatti la sua famiglia, e si prende cura della colonia di randagi che vive nell'hotel abbandonato davanti al locale. Quel rudere diventerà un posto molto speciale per Yume e Yama, fino a che tutto verrà a galla...

Quel posto in cui stavamo in piedi noi due, circondati dai gatti: d'un tratto mi chiesi se tutto, tranne lì, non fosse che sabbie mobili. E non solo quel rudere: anche i grattacieli, se fossero stati abbattuti, sarebbero divenuti sabbia. Shinjuku era un fiume di sabbia che scorreva via col tempo.

Durian Sukegawa scrive un libro che corre velocissimo e si legge in poco tempo. È leggero, semplice ma raffinato, molto giapponese. Ci si affeziona ai personaggi, soprattutto ai gatti: Fagiolino (il mio preferito), Hanayo, Presidente, Shōta, Pop, Sting, Eri... 

Una piccola delizia, intervallata da poesie stravaganti e dolcissime; intrisa di cultura giapponese.

Da leggere per chi ha voglia di staccare la testa, immergersi in una cultura diversa e versare qualche lacrimuccia... con Downtown Train di Tom Waits in sottofondo.

I gatti di Shinjuku, di Durian Sukegawa, Einaudi, 2023 (2019), 184 pagine. Traduzione di Laura Testaverde. Alla fine del libro c'è un glossario di termini giapponesi, una nota alla traslitterazione e il disegno originale dei gatti di Shinjuku di una volta. La deliziosa copertina è di Andrea Calisi

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