Per questo libro lascio la parola ad Antonella Cicalò, che penso sia particolarmente adatta per scriverne un commento
Mi capita tra le mani a proposito questo agile libro con cui Joshua Cohen ha vinto il Premio Pulitzer nel 2022: I Netanyahu. Dove si narra un episodio minore e in fin dei conti trascurabile della storia di una famiglia illustre. Alla luce drammatica della cronaca internazionale, sembra un'impossibile coincidenza che lo scrittore abbia a suo tempo scelto un intelligente escamotage per calarsi nella parte di un professore ebreo alle prese con il padre, la madre e i fratelli del futuro premier israeliano.
Ancora oggi la trasformazione magica di vecchi rancori resta il processo principale attraverso il quale gli immigrati si nativizzano: rinnovare il conflitto significa integrarsi.
Vero è che un aperto malcontento serpeggiava in Israele per i provvedimenti sulla giustizia, che allarmavano non poco la parte più intellettuale, giovane e progredita del Paese. Quella che sorprendentemente era stata autorizzata (a proposito ci sono inchieste indipendenti e autorevoli in corso) a radunarsi lì, in quel tragico rave del 7 ottobre 2023.
Con la sensibilità che non manca agli scrittori ebrei, Cohen coglie l'inquietudine che adesso ben si manifesta nella base ebrea democratica di New York, e ci regala uno scorcio familiare del padre di Bibi, Ben-Zion Netanyahu, oltre che di se stesso.
Calandosi dunque nei panni di un docente ebreo, Ruben Blum, presso il Corbin College di Corbindale riprende le mosse di un altro scrittore, Harold Bloom, come spiega bene nei ringraziamenti a fine libro,.
Con quel misto di orgoglio e di complesso di persecuzione, sempre in dubbio di rappresentare solo la “quota ebrea”, poco affiatato coi colleghi, gravato da moglie, figlia, genitori e suoceri, alla perenne ricerca delle radici tradizionali in un contesto sempre meno scandito da riti e ricorrenze, il nostro professore si vede da un lato mettere in guardia da un collega (Netanyahu è una brutta persona), dall'altro la facoltà gradirebbe con poco costo fregiarsi di un docente rabbinico di peso. Sarà lo stesso Netanyahu a farsi avanti, con tutta la famiglia al seguito.
Dalla seconda parte il libro è dedicato all'impatto con una famiglia figlia e nipote di una leggenda dell'ebraismo militante. Sarà infatti il padre di Bibi a originare quel sionismo lontano dall'utopia dei kibbuz e votato all'estensione dello Stato di Israele, costi quel che costi. Muore a 102 anni (!) nel 2012 e tocca al figlio, oggi, pagare un inimmaginabile prezzo di sangue che rischia di pregiudicare la sopravvivenza stessa dello spirito di Israele (quella materiale è garantita dal nucleare e dalla finanza).
Ma torniamo all'ospite che impatta sulla vita dei Blum, come una tempesta, proprio in mezzo a una nevicata. L'uomo è rude, pretenzioso e condiscendente col collega; usa da maestro la dialettica yiddish e la dottrina per supportare le sue idee. La moglie, Tzila, è invadente e sarcastica, e non riesce a controllare i tre figli maschi (il maggiore è adolescente). Si appropria disinvoltamente dei vestiti della padrona di casa, la moglie di Ruben, Edith, la mette in imbarazzo in società.
I tre figli (il minore, Iddo, morirà in guerra; Benjamin, Bibi, il secondogentito, scalerà il potere col fratello maggiore Jonathan al fianco) sono distruttori. Faranno a pezzi il prezioso tv a colori e il padrone di casa troverà il sedicenne a letto con la figlia giovanissima, Judy. E il bello è che i Netanyahu si rivelano di robusti appetiti in tutti i sensi, predatori disinvolti e niente affatto scandalizzati del sesso tra i ragazzi.
È con sollievo che il nostro li vede partire, non prima di avere litigato con la moglie che gli rimprovera la sua eterna mollezza. Si capisce che la facoltà concederà all'autorevole rabbino tutto quello che vorrà.
Con umorismo e una vena di sarcasmo Cohen, attraverso il padre, ci racconta il figlio. Ambizioso fino all'egotismo, rozzo, malato di potere e corrotto. E forse non sapeva di essere stato profeta, anche se non biblico.
Sicuramente ha anticipato i tormenti degli elettori ebrei americani. Ma il tratto folgorante sta nella chiusa-manifesto di una giovane discendente di Harold Bloom che, sotto forma di mail, butta a mare i biblici destini millenari, gli affidavit dell'Altissimo, la questione ebraica e rivendica il diritto di vivere non come i Padri, ma come diavolo vuole.
Pubblico l'ultima pagina dei ringraziamenti, perché vera e molto interessante.
I Netanyahu, di Joshua Cohen, Codice Edizione, 2022, 260 pagine. Traduzione di Claudia Durasanti. Da leggere assolutamente i ringraziamenti.