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Storia di Ásta, di Jón Kalman Stefánsson




Un autore islandese è come l'aurora boreale. L'aria pulita, la natura incontaminata. Un autore islandese è un bene di consumo.

Ci sono libri che entrano nella tua vita in modo incredibilmente casuale, e restano in modo intenzionale, indelebilmente, nei tuoi giorni. È il caso di Storia di Ásta di Jón Kalman Stefánsson che ho preso su in biblioteca quasi senza pensarci; stavo cercando altro, per una challenge, il libro di un autore nordico. Cerco Reykjavjk café di Sólveig Jónsdóttir, non c'è, lì accanto c'è questo, copertina bellissima, la sinossi mi ispira, va, prendiamolo! Inizia un viaggio. Un viaggio non solo nella vita di Ásta (Ast vuol dire «amore»), tra le sue vicissitudini di disagio e amore, ma in un Paese, l'Islanda, così affascinante e così sconosciuto... un Paese che è cambiato moltissimo in questi anni e ha attirato sempre più mondo sulle sue coste solitarie e battute dal vento, abitate da uccelli marini - soprattutto pulcinelle di mare - e persone occupate a sopravvivere.

Qui c'è poco spazio per le grandi notizie, per gli eventi degni di nota. È un agglomerato senza storia. Chi vuole essere dimenticato viene qui. Le uniche poesie composte su questa costa parlano di teste di merluzzo essiccate, di cavalloni fragorosi e di sete di latte fresco. Ma i tempi sono cambiati. Perché qui è tutto un fermento. Gli autobus pieni di turisti vanno e vengono. (...) C'è chi viene dall'altro lato del mondo e paga somme astronomiche per soggiornare qui...

È curioso, perché Paesi molto più lontani - come il Giappone, la Cina, la Thailandia - noi li conosciamo molto di più. Per moda, per curiosità, forse perché i viaggi in questi luoghi sono più economici che quest'isola inospitale, ma europea, “nostra”. Conosciamo più la mentalità nipponica che quella islandese e Reykjávjk è considerata una meta molto più esotica di Tokyo, o di Bangkok... E anche la cultura islandese, è così diversa dalla nostra centro-europea...

Essere un buon contadino è sempre stato il traguardo più altro qui in Islanda. La cosa che conta più di qualsiasi altra. La sola che permette di dimostrare la propria bravura come essere umano. Supera di gran lunga qualunque titolo onorifico, l'educazione, le conquiste nell'arte o nelle scienze. Più grande è il campo, migliore è il contadino. E un contadino migliore è un uomo più completo, a cui tocca di sicuro il posto più comodo di tutto il paradiso.

E gli islandesi sono persone particolari? Forse, o forse sono solo persone che vivono ancora in accordo con le stagioni e ciò che queste regalano e tolgono.

La nostra vita su quest'isola che ha la forma di un animale estinto è sempre dipesa dalla quantità di fieno raccolto. Forse anche da qualche pesce e da una manciata di poesie. E ti basta contare i fili d'erba nel granaio in autunno per sapere se i tuoi figli sopravvivranno all'inverno.

E poi le leggende. Da ragazzina ero affascinata dalle leggende islandesi, dagli elfi, dalle fate, dalle potenti iconografie vichinghe... Questo libro mi ha fatto tornare la voglia di interessarmene e di studiare. Ho scoperto per esempio che la tradizione islandese conta tredici Babbi Natale, gli jólasveinar che, dal 12 dicembre, scendono uno alla volta dai monti, mettendo un regalino nelle scarpe dei bimbi che le lasciano sul davanzale esterno delle finestre. Proprio sotto Natale, è una cosa che mi ha molto divertita.

Una mentalità così lontana dalla nostra! Ho pensato molto a questa distanza tra noi e l'Islanda... Come mi hanno fatto riflettere i numerosi rimandi alla questione della lingua, come se fosse l'elemento chiave che distingue principalmente islandesi e norvegesi, perché la lingua islandese è come se fosse un dialetto del norvegese essendo quest'ultima il ceppo di origine... da approfondire. 

Che meraviglia quando un libro dà tutti questi stimoli, esce dalle pagine della vicenda per correre verso il tuo mondo e arricchirlo... questo è quello che cerco, sempre, nella letteratura. A volte avviene, ed è bellissimo.

Per quanto riguarda la storia in sé, quella di Ásta e della sua famiglia, è una storia come tante: la madre di Ásta, Helga, è una donna difficile, incline alle dipendenze, a cui piace vivere sempre sul filo del rasoio e odia la quotidianità: dice che gli extraterrestri l'hanno rapita e condannata per sempre a volere una vita al limite, senza la tranquillità di una famiglia, una casa... E la abbandona. Ásta cresce con una balia che la adora, ma quando cresce viene mandata a lavorare per un'estate in una fattoria dove incontra il suo primo (e unico) amore, Jósef, che le cambierà la vita. Al suo ritorno va a vivere con il padre Sigvaldi e la sua nuova moglie, Sigrid. Ha altri uomini, partorisce una bambina, Sesselja, che abbandona con i nonni per andare a Vienna... una vita complessa e segnata da traumi e prove di forza emotiva. Tra nostalgia, disperato bisogno e totale incapacità di amare - i genitori, i figli, se stessi - Stefánsson disegna una vita dalle linee spezzate, accavallate, piena di rimandi al passato e al futuro. A tratti parla anche di se stesso mentre scrive il romanzo, creando un fortissimo ponte con il presente e con il proprio Paese visto in soggettiva. Perché lo sfondo di ogni vicenda ne fa risaltare la silhouette a modo suo. 

Un libro bellissimo, pieno di cose, di colori, di profumi portati dal vento, di musica, di rimandi letterari, di poesia...

È impossibile raccontare una storia senza sbagliare, senza intraprendere percorsi arrischiati, o senza dover tornare indietro, come minimo due volte - perché viviamo contemporaneamente in tutte le epoche. 

Note a margine: Chiudo con un piccolo elenco degli artisti e delle opere che racchiude questo libro incantevole, perché l'atmosfera in cui siamo immersi, accompagna ogni nostro gesto, dallo scrivere un libro, al telefonare a una persona a cara, al vivere, al morire... Carol Ann Duffy, Bertolt Brecht, Stanislavskij, Nick Cave, Cole Porter, Ella Fitzgerald, Miles Davis, Leonard Cohen, Dvorák, Chet Baker, Gunnar Gunnarsson, Elvis Presley, Kavafis e Nina Simone... Nina Simone...

Storia di Ásta, Jón Kalman Stefánsson, Iperborea, 2018 (2017), 479 pagine. Traduzione di Silvia Cosimini.

La copertina, bellissima, perfetta, è di Emiliano Ponzi.

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