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Raccontami qualcosa di bello, di Massimo Vacchetta


 Ci sono momenti in cui anche la grande letteratura nulla può. In cui i grandi autori, seppur siano sempre un balsamo per l'anima, non bastano. In cui si ha bisogno di un libro che non stimoli il cervello, ma coccoli l'anima. Per questo, dopo aver abbandonato Tolstoj e Irving, ho preso in mano un libro che mi è stato regalato per completare un ciclo e, voilà, quello che ci voleva era proprio lui! Massimo Vacchetta l'ho conosciuto attraverso il suo primo libro, 25 grammi di felicità, in cui racconta come la piccola riccetta Ninna sia stata lo stimolo per iniziare quell'avventura straordinaria che è il lavoro di Vacchetta al suo centro per la tutela del riccio Centro Recupero Ricci "La Ninna", a Novello, in provincia di Cuneo.

Dopo 25 grammi di felicità seguono Cuore di riccio, Ninna. Il piccolo riccio con un grande cuore (con illustrazioni e foto meravigliose) e questo ultimo Raccontami qualcosa di bello, dove accanto al lavoro con i ricci, corre parallela la storia di Kasya, la delfina catturata nove anni fa e a rischio di ammalarsi di solitudine nella Milad Tower Dolphinarium di Teheran, in Iran, che il Centro ha sostenuto attraverso una raccolta fondi che ha dello straordinario, innescando una catena di eventi che porterà a una rocambolesca messa in salvo della delfina. E poi il concerto per la situazione devastante degli animali australiani vittime degli incendi, che è stato fatto anche se era appena stato dichiarato il lockdown duro, online. Storie di straordinaria partecipazione umana a cause che possono sembrare forse piccole, dati i tempi che corrono tra problemi economici, pandemie e guerre, ma che diventano enormi davanti all'importanza del sentimento che davvero ci rende umani: la compassione. 

Sono libri fondamentali, come la grande letteratura, perché come lei servono a denudare l'animo dell'essere umano davanti all'inconoscibile e alla quotidiana scelta della cosa giusta davanti al dolore altrui, davanti all'ingiustizia; trovare un modo per sentirsi meno impotenti al cospetto del fato e ai grandi mali del mondo, si può, con gesti che sono piccoli per noi ed enormi per chi ne beneficia; con scelte etiche nella gestione del nostro tempo e dei nostri consumi; con la forza di uscire dalla pigrizia per alzarsi e fare qualcosa, qualsiasi cosa, per chiunque. 

Ogni tuo giorno non sarà vissuto pienamente se non farai qualcosa per qualcuno che non potrà mai ripagarti.

In queste parole (citate da Vacchetta da un sito che parla di ricci) sta il senso di tutto il lavoro del Centro. In questo ultimo lavoro in particolare, Vacchetta estende il discorso all'essere umano come vittima. La pandemia, che ha costretto a rivedere i parametri della nostra vita, a partire dalle piccole scelte di ogni giorno, ha creato disagi enormi a chi, come Vacchetta, lavora con le fragilità. Certo la natura ha avuto solo da guadagnare da questo lockdown che ha lasciato la terra libera dal continuo intervento umano. Ma per quanto? Durerà? Stiamo già rispondendo di no, con la ripresa delle abitudine tali e quali a prima, anzi, ancora più devastanti, come se si dovesse recuperare il tempo perduto, invece che cercare di trarne insegnamento.

Nei soli due mesi in cui siamo stati costretti in casa, con tutte le comodità, molti di noi sono caduti in depressione. Riusciremo a immedesimarci in chi, come tanti animali, è obbligato a passare tutta la vita in solitudine in una misera gabbia e a comprenderne la sofferenza?

Questo parlare al plurale sempre, parole che comprendono la razza umana e anche animale, quel "noi" che diventa universale sono il nocciolo dell'anima (perché penso che non si possa parlare d'altro) di Massimo Vacchetta e della sua compagna Cristina, nonché dei volontari che lavorano al Centro. Volontari che svolgono un'azione meravigliosa sugli altri e anche su se stessi. Emblematica l'esperienza di Daniele, il ragazzo la cui esperienza apre questo libro e che mi è rimasto particolarmente nel cuore (forse perché un po' mi ha ricordato la mia me nascosta). Una storia triste, ma di grande insegnamento.

Le vicende dei ricci – Casimira, Alice, Sora Lella, e tutti gli altri riccetti del Centro – quelle di Kasya e quelle di tutti gli animali che hanno bisogno di noi sono lo specchio del nostro essere uomini. L'aiuto che possiamo dare loro, la scelta di darglielo è la misura del nostro essere umani. Stanno lì a dimostrarlo le decine di persone che abitano questa storia e che la rendono speciale, facendo anche recuperare un po' di fiducia nel genere umano (cosa non facile, almeno per me): Ivan, per esempio, il veterinario di Kasya che sta con lei tutto il giorno per farle compagnia. Ivan è russo. I veterinari consulenti del Centro che rispondono al telefono a notte fonda e sono sempre pronti per un consulto. Gli idraulici che lavorano oltre l'orario per ripristinare il riscaldamento rotto del Centro e le segretarie che si fanno in quattro per risolvere i problemi. I privati cittadini che fanno chilometri per portare al dottore un riccetto in difficoltà o organizzano proteste per salvare gli alberi. I sindaci - straordinario quello di Cuneo, Federico Borgna, primo sindaco non vedente d'Italia e appassionato amante degli animali - che fermano le ruspe per salvare famiglie di riccetti che rischiano di essere spazzate via ... Una carrellata di persone eccezionali, dal gran cuore, per cui vale la pena resistere al cinismo.

Non siamo fatti per la solitudine, pensai.
Siamo fatti per stare vicini.
Chissà che adesso che conosciamo il prezzo della distanza riusciremo a non dimenticarlo.

In un momento come questo, di enorme fatica, sociale e intima, una carezza, che sembra data da tutta quella umanità di cui parla Vacchetta, quella che sceglie la compassione. Da leggere.

Il Centro, con la pandemia, ha un calo di donazioni. Aiutate, anche con poco si può fare moltissimo. C'è anche una pagina Facebook dove vengono postati video, foto, aggiornamenti e dove si possono reperire informazioni importanti sui ricci e sul lavoro del Centro.

Raccontami qualcosa di bello, di Massimo Vacchetta, Sperling & Kupfer, 2021. La copertina è un delizioso quadro (anche se sembra una foto!) della pittrice Danka Weitzen. Da leggere anche le didascalie alle foto in fondo, una poesia nella poesia.

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