Scappa chi il male lo fa, non chi lo sopporta.
A luglio andrò a vedere lo spettacolo a teatro con la bravissima Ambra Angiolini, per cui ho voluto leggere ora questo libro che in effetti avevo in testa da un po'. Che bella lettura! Corre via con eleganza e sottigliezza di lessico alternando italiano e un po' di dialetto. I personaggi sono tratteggiati molto bene, con molte sfumature psicologiche ed emotive, ci si affeziona un po' a tutti con i loro pregi e i loro innumerevoli difetti.
La storia è quella vera di Franca Viola che nella profonda Sicilia della metà degli anni Sessanta rifiutò il matrimonio riparatore con il ragazzo che l'aveva fatta rapire e violentata. Viola Ardone cambia i nomi, romanza il tutto, ma la storia è quella.
Siamo a Martorana, paese di «maleforbici» e chiusura mentale dilagante, bigottismi e tutto il mestiere in campagna. Viola ha quindici anni, ha un gemello, Cosimino, una sorella, Fortunata, che fortunata non è, visto che è andata sposa a un ragazzo costretto dai genitori e che la legna ben bene mentre la tiene segregata in casa. I genitori sono molto diversi l'una dall'altro: Amalia, la madre, attentissima al giudizio altrui, rigidissima, molto consapevole di ciò che è giusto, di ciò che è sbagliato, di ciò che si fa e che non si fa. Pensa che nascere femmina sia una disgrazia:
Qua il maschio è brigante e la femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia.
Si è sposata per amore, con un uomo che si è rivelato diverso da quello che pensava. «Sangue di cimice» tiene Salvo Denaro: lui si occupa delle piante, «travaglia» nei campi, va a caccia di rane e babbaluci e non si cura di vigilare sull'onore delle figlie. Non è capace di farsi valere e quando ci prova gli viene l'infarto.
Ma quando il boss del quartiere, il pasticcere Pino Paternò fa rapire e violenta Viola, sono tutti d'accordo: niente matrimonio riparatore. Si deve lottare e resistere alla prepotenza e alla violenza, anche a costo di essere rovinata e di rimanere zitella, perché a tutto c'è un limite, anche se lei una volta ha accettato un'arancia, anche se non ha abbassato gli occhi, anche se si è fatta sfiorare un fianco durante un ballo di paese. A fianco a lei Saro, il ragazzo che la ama e la amerà sempre, Liliana, che vuole essere come Nilde Iotti, e altre donne che si battono per avere un mondo più giusto. Sappiamo che l'abrogazione del delitto d'onore è del 1981: vent'anni dopo la vicenda di Franca Viola e tante Franca ci sono state e tante ce ne sono ancora. Forse si pensa che le cose siano cambiate, ma non è così. Basta guardare cosa succede nei casi di violenza ai processi: colpevolizzazione della vittima, scandaglio delle vite delle donne, giudizi sommari, ricerca di alcol e droghe nel sangue...
... nessuna donna è fragile: fragile è solo chi è esposto all'ingiustizia.
Il romanzo si legge in frettissima, è intenso, potente, la scrittura è bellissima, ricca di immagini, poetica, a tratti tenera. È scritto in prima persona da Oliva, ma la parte finale si alterna tra lei e il padre e sono le pagine più belle. È un inno alla forza femminile, al coraggio di andare contro i giudizi e i pregiudizi, alla ribellione “sana”, che porta alle grandi svolte della Storia. Perché – sarà banale ma tant'è – a volte sono i piccoli gesti del singolo a scatenare le grandi rivoluzioni, a smuovere le coscienze, a far riflettere su ciò che è giusto, anche i genitori più intransigenti. A volte è lo sbattere le ali di una farfalla...
Io sono Oliva Denaro, e sono pure loro: la vecchia sdentata seduta accanto a me dentro al capanno, le comari vestite di nero radunate per il rosario, le compagne di scuola con le gonne lunghe e gli occhi bassi [...] Sono anche mia madre e un giorno diventerò come lei senza nemmeno avere il tempo di accorgermene. Galline, siamo noi, femmine di pollaio. E io non sono favorevole al pollaio.
Oliva Denaro, di Viola Ardone, Einaudi, 2021, 298 pagine.